La grande macchina della diplomazia si è messa in moto. Arrivare al più presto ad un cessate il fuoco: è questo lo scopo del vertice che ha portato la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente francese François Hollande a Mosca con il presidente russo Vladimir Putin. Un incontro a porte chiuse – seguito da una cena – che si è concluso dopo tre ore, da cui non è trapelato nulla, senza membri delle delegazioni ed interrotto dopo un’ora e mezzo solo per una rituale foto di gruppo. Il portavoce del Cremlino, però, ha parlato di vertice “concreto e costruttivo“. I tre leader si risentiranno domenica al telefono, insieme a Poroshenko, per tirare le somme dei negoziati svoltisi a Kiev e Mosca sulla crisi ucraina e in particolare per dare forma a un documento già in fase di elaborazione per attuare gli accordi di Minsk.

Le richieste di Hollande e Merkel – L’obiettivo era presentare il loro piano per porre fine alla guerra nell’Ucraina orientale. I due leader europei sono arrivati a Mosca da Kiev, dove giovedì sera hanno esposto il loro piano al presidente ucraino Petro Poroshenko. “Le parti hanno appoggiato l’idea di trovare una soluzione pacifica al conflitto nelle regioni di Donetsk e Luhansk e hanno espresso la speranza che la Russia sia interessata”, si legge in un comunicato della presidenza ucraina emesso dopo l’incontro a tre di Kiev.

Le loro richieste, in sostanza, sarebbero una rivisitazione degli accordi di Minsk, ripetutamente violati da ambo le parti: immediato cessate il fuoco, arretramento delle armi pesanti, scambio di prigionieri, larga autonomia, ritiro di tutte le formazione illegittime armate e dei mezzi militari, controllo dei confini. Le uniche varianti potrebbero essere la ridefinizione della linea di contatto, con il riconoscimento delle conquiste fatte nel frattempo dai ribelli (un migliaio di chilometri quadrati), e la sostituzione degli osservatori Osce con i caschi blu dell’Onu.

Una proposta per “congelare il conflitto“, come nella regione separatista moldava della Transnistria, tramite il dispiegamento di una forza di pace. Le autorità ucraine insistono nell’affermare che non accetteranno alcuna forma di accordo che metta in dubbio l’integrità territoriale e la sovranità dell’Ucraina. “Ciò che importa di più è la pace, ma non proporremo niente che danneggi l’integrità territoriale, la sovranità, l’indipendenza e il futuro europeo” dell’Ucraina, ha dichiarato ieri il premier ucraino Arseny Yatseniuk, dopo un incontro a Kiev con il segretario di Stato Usa John Kerry.

Il ruolo della Nato – L’intera operazione diplomatica avviene con l’appoggio della Nato, che è tornata a mettere in guardia l’Europa da Vladimir Putin. A lanciare il nuovo allarme è l’ex segretario generale della Nato, Anders Fogh Rasmussen, parlando con il quotidiano britannico The Telegraph. “Putin vuole ridare alla Russia la sua posizione di grande potenza. Ci sono forti probabilità che intervenga nel Baltico per testare l’articolo 5 della Nato”, che prevede che un attacco contro uno dei suoi membri sia considerato come un attacco diretto contro tutte le sue parti. “Putin sa che verrebbe sconfitto se oltrepassasse la linea rossa e attaccasse un alleato della Nato. Ma è uno specialista della guerra ibrida“, in cui si ricorre a diversi tipi di operazioni per destabilizzare uno stato, afferma Rasmussen.

A tenere alta la tensione con Mosca oggi è stato il vicepresidente Usa, Joe Biden, che durante la sua visita a Bruxelles ha attaccato il leader russo accusandolo di volere “l’escalation militare con l’invio di mercenari e carri armati“. “Putin – ha proseguito – chiede nuovi piani di pace mentre le sue truppe marciano nelle campagne ucraine: ignora ogni accordo che ha firmato in passato. Non gli permetteremo di ridisegnare la mappa d’Europa. Noi e l’Ue dobbiamo stare fermamente uniti a sostegno dell’Ucraina che sta lottando per la sopravvivenza”.

Intanto un segnale di speranza arriva dal corridoio umanitario concordato oggi tra Kiev e i ribelli per evacuare i civili sullo sfondo di una tregua prorogata sino a domani, anche se pare interrotta a momenti da spari e bombardamenti. Un migliaio di civili sono stati evacuati con oltre 20 bus da Debaltsevo, Avdiivka e Svitlodar. Chi ha deciso di lasciare la propria casa è stato trasferito più a nord di Donetsk, in località controllate da Kiev, come Sloviansk, Sviatogorsk, Kramatorsk e Grodovka, ma anche nella vicina regione di Kharviv. A Debaltsevo, strategico nodo ferroviario tra Donetsk e Lugansk, c’erano 25 mila abitanti ma la maggior parte era già fuggita. Solo circa 7000 erano rimasti.

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