Continua a crescere il numero degli italiani che emigrano. Un rapporto dell’Ocse, riferito alle Prospettive sulle migrazioni internazionali di quest’anno, ha stimato che nel 2012 sono stati 100.000 i cittadini della Penisola che hanno lasciato il Paese, numero che è poi salito nel 2013. “Si tratta in gran parte di lavoratori qualificati – spiega Stefano Scarpetta, responsabile Ocse per il mercato del lavoro – che emigrano e non trovano alcuna ragione per rientrare”. L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo ha poi rivelato che, malgrado il numero dei migranti sia in continua crescita, l’Italia ha ancora un bilancio migratorio positivo, visto che gli arrivi sono stati 258mila, mentre la Spagna e il Portogallo hanno visto nel 2012 una diminuzione nella loro popolazione dovuta all’eccessiva emigrazione. Il flusso degli stranieri permanenti nella Penisola, sottolinea il rapporto, si è però abbassato del 40% in cinque anni in un contesto nazionale in cui si registrano numerosi problemi legati al loro inserimento nel mondo del lavoro. Il rapporto si riferisce solo ai flussi migratori diretti verso i 34 paesi dell’Ocse. La principale destinazione dell’immigrazione restano gli Stati Uniti, con un milione di arrivi nel solo 2012. In Europa, la meta più ambita è invece la Germania che, con 400mila immigrati, registra un numero decisamente maggiore di arrivi rispetto ai 286mila del Regno Unito e ai 259mila della Francia. Il 30% dei migranti che hanno scelto nel 2012 suolo tedesco hanno norme sulla libera circolazione Europea, contro il 7% di quelli che hanno deciso di stabilirsi in Gran Bretagna che, tuttavia, ha registrato un incremento del 3,2% dei cittadini stranieri nel 2013: 4,9 milioni, ovvero il 7,9% della popolazione totale.

L’Italia, si legge poi nel rapporto, deve affrontare criticità e fattori di rischio legati all’immigrazione. Negli ultimi anni si è avuto infatti un consistente ingresso di lavoratori immigrati e un rapido aumento della loro presenza nella forza lavoro, sebbene concentrata in occupazioni poco qualificate. Dal 2001, quando gli immigrati costituivano solo il 2,5% della popolazione totale, la quota è aumentata fino a raggiungere il 7,4% nel 2012. La maggior parte di loro, il 58%, è occupata. Un merito di questa percentuale così alta si deve sicuramente al lavoro domestico che tuttavia, segnala il report dell’Organizzazione, inizia a vacillare dopo aver resistito anche alla crisi del 2008. Lo stallo generale del mercato del lavoro colpisce naturalmente anche gli immigrati che, fanno fatica ad adattarsi ai cambiamenti strutturali. La questione più seria, secondo l’Ocse, resta comunque quella della segmentazione dell’occupazione: gli immigrati sono infatti sempre più intrappolati in lavori mal pagati senza alcuna prospettiva di carriera e l’Italia è superata solo dalla Grecia per quanto riguarda la polarizzazione del mercato del lavoro tra occupazioni dominate dagli immigrati e quelle dominate dagli autoctoni. All’Italia servono quindi politiche più vicine ai temi della formazione e dell’integrazione.

Non a caso, l’immigrazione in Italia è quella con il livello più basso di istruzione. Circostanza che riguarda riguarda anche i più giovani, ossia quelli della cosiddetta “seconda generazione“. La percentuale di giovani tra i 15 e i 24 anni nati all’estero o da genitori immigrati è ancora poco numerosa, rispetto ad esempio a Paesi come l’Austria o l’Olanda, ma il rapporto stima che arriveremo a quei livelli nell’arco di un decennio. Nel 2012 i bambini nati da genitori stranieri sono stati 80mila, pari al 15% delle nascite: nelle regioni del Nord il rapporto ruota attorno al 25%. I rumeni, con oltre 950mila presenze, sono quasi il 25% degli italiani in suolo italiano, seguiti da albanesi, marocchini e cinesi. L’Italia è anche un indicatore particolare per verificare le stime europee, in quanto porta principale degli sbarchi dal Nord Africa e dal Medio Oriente: la stima Ocse sottolinea un calo degli arrivi dal Mediterraneo, con il numero di immigrati permanenti passato da 572.000 persone nel 2007 a 258.000 nel 2012, con un calo dei flussi del 40% in soli cinque anni. Sono aumentate, però, le richieste di asilo, con un incremento del 20%, scaturito, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, dalla crisi in Siria. Le nazionalità dominanti tra i richiedenti asilo restano però quella nigeriana, pakistana e somala, ma i dati si riferiscono al 2012 e, in relazione alle prospettive per il 2014, il numero delle richieste siriane corrisponderà al 20% del totale.

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