Il suo addio ha sconvolto il mondo della finanza. Perché, nella sua posizione, dimettersi voleva dire lasciare la gestione di un fondo di investimento da 2mila miliardi di dollari. Eppure Mohamed El-Erian, 56 anni, a maggio 2013 ha lasciato il suo posto da manager del gruppo finanziario statunitense Pimco. Tante le congetture, come il supposto attrito con il fondatore Bill Gross. Tante anche le ombre, dopo che El-Erian si era rifiutato di commentare il suo addio in un’intervista a Reuters. Ora, il manager milionario si confessa sul sito internet Worth. L’unica responsabile delle sue dimissioni? Una lettera che sua figlia di dieci anni gli ha consegnato una sera. “Papà non ci sei mai”, gli ha scritto la bambina. Rinfacciandogli tutti i momenti significativi della sua vita che il padre aveva perso perché “sempre impegnato al lavoro”. Da qui le dimissioni del guru degli investimenti, dopo 14 anni di top management.

“Ho chiesto a mia figlia di fare qualcosa, credo lavarsi i denti, ma lei non ha voluto farlo – scrive El-Erian su Worth – Dopo che io ho alzato il tono della voce, lei mi ha chiesto di aspettare un minuto. È andata in camera sua ed è tornata con un pezzo di carta: una lista di 22 eventi della sua vita che mi ero perso nell’ultimo anno”. L’elenco della bambina conteneva dal primo giorno di scuola alla prima partita di calcio, dal colloquio con i maestri alla festa di Halloween o le recite scolastiche. “Mi sono sentito orribile – continua il manager – avevo una buona scusa per tutto: viaggi, una chiamata urgente, meeting di lavoro. Ma mi sono reso conto degli infiniti momenti che mi stavo perdendo”. In quel momento, il manager di Pimco ha capito lo sbilanciamento tra vita privata e lavoro. “Non stavo dedicando abbastanza tempo a mia figlia – conclude El-Erian – e non me n’ero neppure accorto”.

Da quel giorno, la sua vita è cambiata: da top manager a uomo di casa che “si alterna con la moglie nello svegliare la figlia la mattina, preparare la colazione e portarla a scuola“, conferma El-Erian, che fa anche una promessa alla bambina: “E presto, faremo una vacanza insieme, solo io e lei”. L’uomo ha lasciato la sua posizione da top manager, scegliendo un part-time ed eliminando tutti i viaggi di lavoro. “Il mio bisogno di essere un buon padre è più grande del suo desiderio di essere un buon investitore”, conclude il manager.

El-Erian non è il solo big ad aver capito che la vita personale conta almeno quanto la carriera. Non solo la propria, ma anche quella dei dipendenti. E’ di pochi giorni fa la decisione di Richard Branson, fondatore e numero uno dell’impero Virgin (palestre, emittenti radio, compagnie aeree, etichette discografiche e molto altro), di abolire l’orario di lavoro e il limite ai giorni di vacanza per gli assunti nelle sue società. Una scelta fatta proprio per permettere ai lavoratori “di avere più tempo per la famiglia e per coltivare i loro interessi”, perché “una persona felice, lavora meglio”. Idea, del resto, teorizzata anche da Larry Page, il numero uno di Google“Per essere felici si deve lavorare meno. L’idea che tutti debbano lavorare freneticamente è semplicemente non vera”, aveva detto il fondatore del motore di ricerca statunitense.

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