“No, thanks”. No, grazie. Hanno risposto così gli scozzesi al’invito di Alex Salmond, premier di Edimburgo e leader di quel fronte indipendentista che ha tenuto Londra e l’Unione europea con il fiato sospeso per due settimane. Il sogno di una Scozia indipendente dal Regno Unito è sfumato alle prime luci dell’alba, al termine dello scrutinio. Nel referendum di ieri gli scozzesi si sono schierati per il 55,3% con il “no” e per il 44,7% con il “sì”. Da record l’affluenza: si è recato alle urne l’84, 59% degli aventi diritto. Poco ha potuto la passione, la campagna fino all’ultimo voto combattuta dagli indipendentisti. Si allontana quella “occasione della vità” sulla quale il premier di Edimburgo, capofila del fronte del Sì, aveva puntato tutto. A pesare, probabilmente, le incertezze sul futuro: troppe le incognite sulla quota di debito pubblico britannico che il nuovo Stato avrebbe dovuto prendersi in carico, sulla moneta (Londra aveva negato la tempo la possibilità di un’unione monetaria basata sulla sterlina), sulla quota delle risorse petrolifere nel Mar del Nord il cui sfruttamento sarebbe andato in esclusiva a Edimburgo e che avrebbero costituito il pilastro economico del nuovo Stato. Gli scozzesi avranno anche sognato di staccarsi da Londra, ma alla fine non sono riusciti a fidarsi fino in fondo.

“E’il tempo per il nostro Regno Unito di andare avanti – è stato il commento di un sollevato David Cameron, primo ministro britannico che sul risultato si giocava il futuro e il ricordo che nei cittadini britannici avrebbe lasciato nei secolidei secoli – rispetteremo le promesse fatte alla Scozia in pieno”. Quelle fatte agli scozzesi in merito ad una maggiore autonomia in tema di fisco, welfare e petrolio: una bozza di legge in materia arriverà “entro gennaio”. Gli scozzesi, ha spiegato ancora il primo ministro, “avranno più poteri sulla gestione dei loro affari”, ma che questo varrà “ugualmente per gli abitanti di Inghilterra, Galles e Irlanda del nord”. “Ho appena parlato con Alex Salmond e mi sono congratulato con lui per la campagna combattuta con forza – scrive Cameron sul suo profilo Twitter – sono felicissimo che il suo Snp parteciperà ai colloqui per una ulteriore devolution“. 

“Accettiamo la vittoria del no”, ha detto stamattina Salmond parlando a Edimburgo, quando ormai non c’erano più dubbi sul risultato: ”Riconosciamo la scelta democratica degli scozzesi”. Il premier ha comunque ringraziato la Scozia per quel milione e seicentomila voti che ha fatto sopravvivere il sogno. E adesso, ha incalzato, “si onorino lo promesse. Lo chiedano tutti gli scozzesi”. Si rivolge già a Londra, Salmond, promette a sua volta di lavorare con e nel Regno rimasto Unito, ma non dimentica che è stato preso un impegno: se votate No avrete più poteri, ha detto Westminster compatta fino all’ultimo accorato appello. Ha promesso cambiamento.

Per gli indipendentisti, la prima doccia fredda era giunta a seggi appena chiusi: un sondaggio YouGov che, pur su un campione limitato, dava il No chiaramente in testa al 54% e il Sì in affanno, al 46%. Con una distanza di poco ma più definita rispetto ai sondaggi che per giorni si erano trincerati dietro il ‘too close to call’. E il direttore dell’istituto di rilevamenti che scandiva, sicuro, “al 99% vincerà il No”. Coraggioso secondo alcuni, un azzardo per altri. Non sono mancati i sospetti su presunti brogli: un video mandato in onda da Sky News Uk mostrerebbe schede sulle quali era stata barrata la casella del “sì” conteggiate tra i voti contrari all’indipendenza. 

Tutti cauti, anche dopo i primi risultati, con i No delle contee più piccole e di quelle più prevedibili. Per la prima affermazione del Sì si é dovuto aspettare Dundee, la ‘Yes City’. Ma che la corsa era stata frenata lo ha dimostrato Aberdeen, la prima grande città con un ‘bottinò di voti per il ‘Nò. “Verso la salvezza dell’Unione”, hanno cominciato a mormorare a quel punto gli unionisti, perchè se il Sì di Glasgow era scontato, la voglia di indipendenza così evidente per le strade tappezzate di bandiere, nel segreto dell’urna ha subito alla fine una battuta d’arresto: deve avere accusato il colpo delle incognite che il sogno, forse troppo grande, portava con sé. Finché – dopo il largo successo di No (60%) fatto segnare da Edimburgo, la capitale – a fare i conti arriva la Bbc: calcolando il superamento della soglia matematica dei No con cui la Scozia ha respinto l’indipendenza. Un risultato che scatena subito il sollievo sui mercati, con la sterlina spinta subito al suo massimo dal 2012: in scia all’esito del referendum il pound si porta a 1,6450 dollari. La moneta britannica, rispetto alle altre principali valute, è stabile sull’euro, a 0,7884, mentre guadagna sullo yen, a 179,94. 

Esultano anche le Borse europee, che segnano nuovi massimi da 6 anni e mezzo in avvio delle contrattazioni. Nelle prime battute l’indice Euro Stoxx 600 sale dello 0,8% a 350,63 punti, segnando un nuovo record dal gennaio del 2008. Londra intanto è vicina ai massimi da 14 anni con l’indice Ftse 100 in rialzo dello 0,6%.

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