Era il 1994 quando uscì un album che avrebbe cambiato per sempre le vite di un gruppo di amici, accomunati dalla passione per la musica popolare irlandese, e di una intera generazione. Loro erano i Modena City Ramblers, e si erano formati tre anni prima, nel 1991, cantando e suonando nei pub della bassa reggiana e modenese: il disco si intitolava Riportando tutto a casa. Un album che conteneva un universo musicale potentemente originale, un miracolo di equilibrio compositivo e melodico, che riprendeva gli echi di un’antica tradizione emiliana resistente svecchiandola e attualizzandola al ritmo del combat folk, usava il dialetto per dipingere un memorabile affresco popolare dei funerali di Berlinguer, evocava in lente ballate le fate e gli gnomi della terra d’Irlanda e trasformava il canto partigiano per eccellenza, Bella ciao, nella prima hit militante da pista da ballo. A vent’anni di distanza dall’uscita di quel leggendario album i Modena City Ramblers, profondamente cambiati nella formazione per vicissitudini varie (su tutte l’abbandono del cantante Stefano “Cisco” Bellotti nel 2005 e la morte del chitarrista Luca “Gabibbo” Giacobetti nel 2007), si concedono il lusso di un momento di festa per sé e per i propri fan con il tour “Venti“, che partirà oggi 15 marzo dall’Estragon di Bologna. “Era il momento di festeggiare questo traguardo, anche se non è nostra consuetudine indulgere alle autocelebrazioni” racconta il cantante Davide “Dudu” Morandi, nei Mcr dal 2006. “Viviamo questo tour come un punto di arrivo, certo, ma vorremmo anche che fosse il punto di partenza dei prossimi vent’anni”. In cantiere c’è già il 14esimo album, ma nel frattempo i Mcr si godono il momento a loro più congeniale, quello del live, del contatto con il pubblico, “un bisogno fisiologico ed irrinunciabile” dice Davide.

Uno spettacolo che sarà sicuramente diverso dal solito. Cosa avete preparato per questo “Venti” tour e per i vostri fan?
Il concerto sarà diviso in tre momenti: una prima parte elettrica e folk-rock, una parte centrale più acustica, giocata soprattutto sulle ballate ed una parte finale decisamente energica, al ritmo del combat folk che ha caratterizzato la band sin dagli esordi (il primo demo del gruppo era intitolato proprio “Combat folk”). Seguiremo un percorso cronologico, andando a pescare brani da ognuno dei 13 album prodotti, ma tenteremo anche di far emergere le varie anime della band che nel corso degli anni si sono esternate. A Bologna registreremo l’instant record e il dvd del live, perché i concerti all’Estragon sono sempre carichi di un’atmosfera unica. Stiamo mettendo insieme alcuni degli ex Ramblers, che ci auguriamo verranno a farci compagnia su questo palco straordinario.

Sei entrato a far parte della band nel 2006. Che ricordi hai di “Riportando tutto a casa” e di quel periodo, uno dei momenti di maggiore vitalità della scena musicale indipendente?
In quegli anni ero amico di Alberto Morselli, voce del gruppo assieme a Cisco, e li seguivo fin dai loro esordi. Ricordo la sera in cui arrivarono gli scatoloni con i dischi appena stampati: eravamo in un piccolo locale vicino a Sassuolo, i ragazzi se li rigiravano tra le mani e c’era un’atmosfera di grande euforia. Conservo ancora la copia autografata, con tutte le loro frasi scherzose. Quel disco rappresentava un punto di partenza, certo, ma anche il traguardo di un percorso lungo tre anni, fatto di tantissimi concerti e della maturazione della coscienza di essere gruppo, prima ancora che singole individualità. E forse è proprio questo il segreto di un successo che dura da vent’anni, e che fa sì che oggi ai nostri concerti vengano ragazzi che nel 1994 nemmeno erano nati. Quando Cisco se n’è andato non sono stati fatti casting per cercare qualcuno che avesse il suo stesso timbro di voce, si è pescato semplicemente tra gli amici, tra coloro che condividevano già il sentire musicale, ma anche ideologico e in un certo senso esistenziale dei Modena City Ramblers. Credo che questa coerenza abbia premiato il gruppo fin dagli esordi.

La vostra musica in effetti coincide da sempre con un’idea ben precisa di militanza politica. Le canzoni dei Mcr stanno assieme alle bandiere del Che nelle manifestazioni di sinistra, sono anch’esse vessillo. Perchè le sonorità irlandesi si adattano così perfettamente a questo modo di fare e intendere la musica?
Italia ed Irlanda hanno molti punti di contatto. Una storia di forte emigrazione, tanto per cominciare. La musica era uno degli elementi culturali più forti ed immediati da portare con sé, nelle valigie di cartone, per raccontare le storie di povertà, di emarginazione, di ribellione di chi era costretto a lasciare la propria terra. Non per niente l’etichetta di combat folk ci è così congeniale. Ci sentiamo anzitutto dei cantastorie, che raccontano nelle piazze e nelle strade le storie di un’umanità varia, spesso sconfitta ma mai vinta. Quando i Mcr nacquero la musica si faceva in tutt’altro modo: le grandi band, i concerti negli stadi, le rock star. Invece i Modena presero a prestito il mood intimista della musica irlandese, suonata nei pub, a stretto contatto con le persone, e innestarono su esso la tradizione popolare emiliana.

Gli anni Novanta furono un periodo di grande fermento musicale, di enorme vitalità in Emilia. Qual è la tua percezione dell’oggi?
Sì, fu una stagione irripetibile “tra la via Emilia e il west”, prendendo a prestito le parole di Guccini. Si affacciavano alla scena gli Ustmamò, la Bandabardò, i Csi, i Mau Mau, Paolo Belli coi Ladri di Biciclette. E prima di allora la grande scena beat degli anni Settanta, con Guccini, l’Equipe 84, grandi cantautori come Pierangelo Bertoli. Per non parlare di quelli che sono poi diventati big della musica pop, da Vasco a Ligabue. Oggi suonare è diventato quasi impossibile per una giovane band: tra tasse, balzelli e Siae se sei un gestore di locale ti passa la voglia di ospitare musica dal vivo. E a livello culturale passa il messaggio che la strada da seguire è sempre la più breve, per cui alle prove in cantina si preferiscono le code ai provini dei talent musicali alla X-Factor. Il panorama è decisamente più desolante, ma sono certo che qualcosa di buono si muova.

Per tutte le info sul tour si rimanda al sito ufficiale www.ramblers.it.

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