“Gli Stati Uniti sono ormai diventati oggetto di sarcasmo da parte di tutti”. La guerra in Siria, sul fronte della propaganda e delle provocazioni, è già cominciata. E dopo la decisione di Barack Obama di non intervenire militarmente senza l’ok del Congresso, il regime esulta. E provoca. Il vicepremier siriano Qadri Jamil dichiara: “Che l’annuncio di ieri sia solo un rinvio o un dietrofront” l’atteggiamento dell’amministrazione Usa “è diventato ormai oggetto di sarcasmo da parte di tutti”. Obama è “esitante, deluso, confuso“, aggiunge il vice ministro degli Esteri Faysal Moqdad. E Basher Al-Assad ribadisce che “le minacce Usa non cambieranno i principi della Siria e non metteranno fine alla sua lotta contro il terrorismo“, in riferimento alla rivolta delle forze ribelli; il presidente siriano ha anche assicurato che la Siria “sarebbe in grado di affrontare un attacco da parte degli Stati Uniti”.

Intanto – mentre Papa Francesco nel corso dell’Angelus lancia un appello alla pace, affermando che “guerra chiama guerra, violenza chiama violenza” – l’amministrazione americana insiste sulla necessità dell’intervento, e ribadisce la certezza che il regime di Assad abbia utilizzato le armi chimiche nell’attacco a Ghouta del 21 agosto. Dopo il discorso del 30 agosto – che il presidente russo Vladimir Putin ha bollato come “assolute sciocchezze” – il segretario di Stato John Kerry fa sapere che gli Stati Uniti hanno già le prove dell’impiego di gas nervino: “I campioni di sangue e capelli raccolti dai primi soccorritori il 21 agosto sono risultati positivi al test del sarin. E’ una novità importantissima”, ha detto. Aggiungendo di avere fiducia che “il Congresso farà la scelta giusta”; anche per mandare un “messaggio importante a Iran e Corea del Nord“. Nell’intervista Kerry ha anche paragonato Assad a Hitler e Saddam Hussein: “”Utilizzando armi chimiche contro la sua gente Assad si è unito alla lista di Adolf Hitler e Saddam Hussein. Il mondo non può restare a guardare”, ha concluso.

Gli Usa, quindi, anticipano con “prove acquisite autonomamente” (così le ha definite Kerry) i risultati della missione Onu, che si faranno attendere ancora a lungo: ieri il segretario generale Ban Ki Moon aveva annunciato che per avere i dati dei test scientifici potrebbero volerci anche due settimane. I campioni raccolti dagli ispettori delle Nazioni Unite saranno trasmessi a partire da domani ai laboratori competenti, e per i risultati “l’Onu non si dà scadenze”, ha detto il portavoce Martin Nesirky. Il segretario Ban Ki Moon ha però chiesto un’ “accelerazione” sui lavori, e ha anche aggiunto che l’attacco del 21 agosto sarà all’ordine del giorno del prossimo G20 a San Pietroburgo, e ha ribadito che “non puo’ esserci alcuna impunità per l’uso delle armi chimiche”. Mentre a proposito del Consiglio di sicurezza (per cui non sembrano esserci per il momento passi avanti), Ban Ki Moon si è detto pronto a “riferire” e condividere le informazioni raccolte, anche se “finora non c’è stato alcun invito” in questo senso – ha specificato.

Anche la Francia avrebbe le prove sulle armi chimiche da parte del regime: lo rivela Le Journal du Dimanche, affermando di pubblicare documenti riservati degli 007. Un rapporto di 4 pagine che dimostrerebbe che il governo siriano è in possesso di oltre mille tonnellate di agenti chimici tossici. “Uno degli stock operativi più importanti del mondo”, scrive il giornale francese. A proposito di un possibile intervento, però, Parigi ha precisato che “la Francia non agirà da sola, ma attenderà una decisione degli Usa, dopo il dibattito al Congresso”:  “Abbiamo bisogno di una coalizione“, ha detto il ministro dell’Interno Manuel Valls. Il premier Jean-Marc Ayrault ha in programma domani un incontro con principali esponenti parlamentari e dell’opposizione per discutere. Mentre anche in Francia cresce il fronte che invita il governo ad un passaggio parlamentare – come successo in Gran Bretagna e accadrà anche in Usa – per decidere il da farsi. 

Dalla Siria, intanto, continuano ad arrivare notizie drammatiche: secondo l’Osservatorio siriano per i diritti dell’uomo, dall’inizio del conflitto oltre 110.000 persone sono rimaste uccise, di cui 40.000  civili, circa 22.000 ribelli e oltre 45.000 tra forze governative e milizie lealiste. Giallo, invece, sulle presunte affermazioni dell’ex presidente iraniano Akbar Hashemi Rafsanjani: nel pomeriggio erano state diffuse alcune dichiarazioni con cui l’ex capo di Stato dell’Iran sosteneva che “il popolo siriano è obiettivo di attacchi chimici da parte del suo governo”. Parole che avevano destato un certo scalpore, dal momento che l’Iran è alleato forte della Siria, e proprio ieri Teheran aveva minacciato ritorsioni contro il mondo occidentale in caso di attacco. Dopo qualche ora, però, l’accusa di Rafsanjani è scomparsa: l’agenzia iraniana Ilna ha corretto la notizia diffusa in precedenza, cancellando le parole “da parte del suo governo”.  

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