Lo scontro tra Sandro Bondi e il Quirinale sul “rischio di guerra civile” paventato dall’ex ministro della Cultura è la scintilla che precede la manifestazione del Pdl di oggi alle 18 davanti a Palazzo Grazioli, residenza romana dell’ex premier Silvio Berlusconi anche lui arrivato nella Capitale per partecipare al presidio che i militanti azzurri hanno organizzato contro la sentenza di condanna a 4 anni per frode fiscale arrivata l’1 agosto dalla Cassazione. Per il Cavaliere solo poche ore per di relax lontano da Roma. Berlusconi infatti ha lasciato nella mattina di sabato la Capitale con sua figlia Marina per tornare nel pomeriggio a prendere parte alla manifestazione in via del Plebiscito a cui sarà presente tutto lo stato maggiore del partito, ma nessun ministro, come ha precisato in serata Maurizio Lupi.

Nell’attesa, a tenere banco ci ha pensato Sandro Bondi che ha invitato a trovare “una soluzione politica” per il Cavaliere altrimenti il rischio è quello di una “guerra civile”. Parole che innescano un duro botta e risposta con il Quirinale. Il Colle infatti bolla le frasi del fedelissimo del Cavaliere come “irresponsabili”. Il diretto interessato però, prima rincara la dose – “Non mi farò chiudere la bocca da nessuno” – poi, in un’intervista, rivolta l’accusa di “irresponsabilità” contro “tutti coloro che hanno bocciato il lodo Alfano e oggi hanno emesso una sentenza che fa a pugni con gli interessi nazionali e il senso di giustizia“. Stesso concetto espresso anche in una lettera pubblicata su Il Giornale in cui afferma che l’Italia sta vivendo “un altro momento storico in cui ferocia e barbarie possono scoppiare e esplodere in ogni momento, accanendosi preferibilmente contro capri espiatori delle colpe nazionali”.

Dal Pd, dopo le parole del responsabile Economia Stefano Fassina su Bondi (“Dichiarazioni al limite dell’eversione”) e l’esortazione del segretario democratico Guglielmo Epifani (“Decadenza? Singolare se si votasse in difformità da sentenza”), si è fatto sentire nella serata di sabato il presidente del consiglio Enrico Letta che ha chiesto di “tenere fuori il Quirinale” e “smettere di tirarlo in ballo in modo improprio e ricattatorio”. Ma il premier fa sapere che ascolterà “con attenzione” i contenuti e i toni provenienti dal sit-in del Pdl.

Che la tensione resti alta però appare evidente. Ecco perché, anche per raffreddare un po’ il clima, il Capo dello Stato ha rinviato alla prossima settimana gli incontri con il Pdl come pure con il premier Enrico Letta. Dal Quirinale intanto gli occhi restano puntati su Palazzo Grazioli, davanti al quale oggi pomeriggio si radunerà tutto lo stato maggiore del partito, ma senza ministri per evitare polemiche con i colleghi di governo del Pd. Solo Micaela Biancofiore dichiara di voler rompere “il patto”: “Nonostante faccia parte della delegazione di governo come sottosegretario alla presidenza del consiglio, sarò presente con assoluta convinzione alla manifestazione a Roma degli elettori del Pdl”, in quanto “il bene che voglio a Berlusconi verrà sempre prima di una poltrona, che peraltro tutti ricopriamo grazie ed esclusivamente alla sua persona”.

La partecipazione di Berlusconi invece è stata in dubbio fino alla fine. Le colombe pidielline gli consigliano di non esserci per evitare di alzare la tensione. E poi, c’è anche il rischio di un flop di presenza: organizzare pullman da tutta Italia in pochissimo tempo e nel weekend dell’esodo di agosto non è cosa semplice per i dirigenti di via dell’Umiltà anche se Daniela Santanchè promette l’arrivo di 500 pullman da tutta Italia “per la rivoluzione”.

La decisione di scendere in piazza a sostegno dell’ex capo del governo rappresenta, nella strategia pidiellina, un ulteriore strumento di pressione per tenere alta l’attenzione sulla ‘battaglia’ per chiedere la concessione della grazia per il Cavaliere. L’annuncio, fatto il 2 agosto nel corso della riunione dei gruppi dai due presidenti Renato Schifani e Renato Brunetta, è stata al centro del summit serale a palazzo Grazioli con lo stato maggiore di via dell’Umiltà, l’ex capo del governo e i due figli maggiori. La strategia non è cambiata e rimane quella di tenere alta la tensione senza però far precipitare gli eventi. Il Cavaliere avrebbe chiesto ai suoi di tenersi pronti a tutto, anche all’ipotesi delle urne, consapevole però che la strada è tutt’altro che semplice. Nonostante il pressing dell’ala dura del partito, che dopo la sentenza della corte di Cassazione è tornata a essere dominante, l’ex premier sa bene che non essere più ‘azionista’ del governo può essere un rischio. Ecco perché appare a molti evidente che la decisione di tenere alta la tensione sia funzionale al tentativo di instaurare una trattativa sul futuro dell’ex capo del governo.

In via del Plebiscito sanno bene che difficilmente il Capo dello Stato concederà la grazia al Cavaliere, ma questo non vuol dire non poter aprire una discussione sul resto e cioè il capitolo incandidabilità e le modalità in cui Berlusconi dovrà scontare la condanna a quattro anni per frode fiscale.

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