Scomparsa il 26 novembre 2010 a Brembate Sopra (Bergamo). Uccisa il giorno stesso, il suo corpo sarà ritrovato il 26 febbraio 2011. Dopo quasi tre anni d’indagini, di vuoti, di piste seguite e abbandonate, di segnalazioni, dubbi, dolore, l’ultimo clamoroso indizio sulla morte di Yara Gambirasio arriva dall’ospedale di Rho, piccolo comune a nord di Milano. Sul registro della piccola cappella ricavata all’interno della struttura sanitaria (un grosso quaderno dove i fedeli lasciano i propri pensieri), infatti, gli impiegati hanno trovato un messaggio inquietante. Si legge: “Qui è passato l’omicida di Yara Gambirasio, che Dio mi perdoni”.
Italiano corretto e grafia pulita. Fatta la scoperta, gli impiegati dell’ospedale hanno chiamato immediatamente la volante del commissariato di Rho-Fiera. Ora il registro si trova nelle mani della scientifica per le perizie del caso. “Certo – spiega un investigatore – potrebbe essere l’atto di un mitomane”. Intanto, però, da ieri si stanno visionando le telecamere dell’ospedale per indovinare nel passaggio delle persone un particolare sospetto, un indizio, un’intuizione.
Insomma, la scoperta del registro nella cappella dell’ospedale potrebbe ridare benzina all’inchiesta. In questi anni, infatti, le piste investigative sono cambiate ma hanno avuto, fino ad oggi, in comune, solo di non aver condotto da nessuna parte. Prima quella che ha portato all’unico indagato dell’inchiesta, Mohammed Fikri, la cui archiviazione è stata più volte richiesta e altrettante negata dal gip di Bergamo. Poi quella del Dna, costosissima, che ha portato a campionare migliaia di profili ma a compararne effettivamente solo poco più della metà.
Indagini effettuate prima solo dai carabinieri. Poi anche dalla polizia. Prima solo con le forze dell’ordine locali, e del capoluogo, poi con i reparti speciali centrali. Tutti assieme, spesso molto mediaticamente, con le tv dietro a improbabili sopralluoghi. La gente se ne era accorta da tempo, di questa confusione, sin da quel 26 febbraio quando in un campo sono stati trovati i resti di Yara. Appena dietro quel nastro di tela rosso e bianco, che delimitava la zona delle ricerche dalla gente e dai giornalisti, c’erano le forze dell’ordine che litigavano ad alta voce su chi doveva tenere l’auto di servizio in favore delle telecamere. Nei due anni successivi il clima non cambiera’, con le indagini divise in due, di fatto sdoppiate, gli stessi accertamenti compiuti prima dagli uni poi dagli altri (ancora oggi sono in corso verifiche su elementi gia’ acquisiti nei primi mesi, come le targhe). Ora quelle parole promettono di aprire un nuovo fronte investigativo.
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