”Tengo a precisare che il mio è stato un sentimento d’amore vero per Silvio Berlusconi”. Nicole Minetti, in tribunale a Milano per l’udienza del processo Ruby bis, nel quale è imputata assieme a Emilio Fede e Lele Mora, ha rilasciato dichiarazioni spontanee. Prima di entrare in aula, rispondendo ai cronisti, l’ex igienista dentale ha detto: “Sto una favola, sto benissimo, la politica non mi manca”. Per lei e per gli altri due imputati i pm nella scorsa udienza hanno chiesto sette anni di carcere. La Minetti ha letto una memoria scritta, raccontando che ha spiegato di avere incontrato per la prima volta Berlusconi a una fiera nel 2008 dove lei lavorava “come hostess”. Poi ha riferito dei suoi lavori in tv, dove “l’unica ragione del mio successo era che ho sempre saputo ballare e non conoscevo ancora Berlusconi”. La Minetti, che a quel tempo lavorava per il San Raffaele, ha ribadito che fu don Luigi Verzè, il fondatore del gruppo ospedaliero di Milano, a volere la sua presenza in consiglio regionale. “Il presidente Berlusconi mi disse – ha chiarito Minetti – che don Verzè avrebbe avuto piacere ad avere un rappresentante dell’istituto in consiglio regionale, io accettai con gioia e inconsapevolezza, ma a quel ruolo non ero pronta”. 

Minetti: “Credevo che la relazione con Silvio fosse esclusiva”
Secondo il racconto di Minetti è stata Marysthelle Polanco, che aveva conosciuto al programma “Colorado”, a parlarle delle cene di Arcore, che già esistevano. Quando “Silvio Berlusconi venne in visita al San Raffaele – ha spiegato ancora Minetti – iniziò da parte sua un discreto corteggiamento, e non nego di essere rimasta affascinata da lui”. Tra lei e il leader del Pdl “nacque un rapporto di amicizia e poi una relazione sentimentale che si concluse alla fine di quell’anno”. Al di là delle critiche, ha proseguito Minetti, “tengo a precisare che il mio è stato un sentimento d’amore vero per Silvio Berlusconi. Ciò detto, va da sé che iniziai a frequentare il presidente e le sue abitazioni. Partecipavo a cene, pranzi ed è capitato che mi fermassi sua ospite per più giorni presso le sue residenze”. Così come, ha aggiunto, “capitava che parlassimo del mio futuro e di quello che avrei voluto fare dopo la laurea. Era chiaro, avendo noi una relazione sentimentale, che egli sarebbe stato felice di aiutarmi”. Un amore che secondo la Minetti doveva essere “esclusivo”
Comunque, ha aggiunto, anche dopo la fine del rapporto il legame tra i due continuò ad “essere di straordinario affetto e grandissima amicizia”. Minetti inoltre ha chiarito che Berlusconi la corteggiò “anche tramite la Polanco, attraverso la quale mi invitò a una di queste famose cene”.

“Non ho mai gestito nulla, neanche a via Olgettina”
Poi la difesa nel merito delle accuse: “Non ho mai introdotto le ragazze ad Arcore né gestito nulla”, ha ripetuto più volte. Per Minetti è solo una“fantasia” la definizione che hanno dato di lei i magistrati, come della persona che si occupava della “gestione delle case di via Olgettina”. L’ex consigliera, in tribunale, ha anche spiegato che, in sostanza, lei aiutava le ragazze che non potevano intestarsi i contratti. E ha aggiunto che le cene di Arcore “esistevano da molto prima di quando cominciai a partecipare”. Secondo la consigliera che le accuse si fondano “solo su un teorema privo delle indicazioni di concreti fatti di reato, fondato su un malcelato moralismo. Io non ho mai invitato nessuna delle parti offese a nessuna delle cene a casa del presidente, continuo a non capire cosa posso aver organizzato anche perché nulla ho organizzato”. Per l’ex esponente del Pdl la “degna conclusione di questa inverosimile storia è la richiesta di condanna avanzata dai pubblici ministeri: spero che qualcuno un giorno riesca a spiegarmi che cosa ho fatto di così straordinariamente terribile”. Riguardo all’ormai famosa notte alla questura di Milano, nella quale Ruby venne rilasciata dopo le telefonate dell’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, Minetti ha spiegato di “essersi prestata per fare del bene, per permettere che la ragazza tornasse a casa sua, come tra l’altro mi aveva detto il funzionario Giorgia Iafrate”. La marocchina, infatti, venne affidata all’allora consigliera regionale.

“Contro di me campagna di odio e diffamazione senza precedenti nella storia d’Italia”
La Minetti ha denunciato una “aggressione mediatica seguita da una ondata di disprezzo” e una “campagna di odio e diffamazione senza precedenti nella storia d’Italia”. L’ex consigliera regionale ha anche detto che sta continuando a ricevere “minacce, anche nei confronti della mia famiglia e devo convivere con la paura”. “Questa storia – racconta – ha scatenato su dime e vorrei sottolineare, solo su di me, una feroce campagna di odio e diffamazione portata avanti con ogni mezzo di comunicazione, giornali, televisioni, rete web, che non credo possa avere un precedente dal dopoguerra ad oggi nella storia d’Italia, fondata su una cattiveria e una malvagità circa la cui origine bisognerebbe seriamente indagare”. Secondo l’ex igienista dentale ogni sua apparizione, “la partecipazione alle sedute del consiglio regionale o più semplicemente la mia presenza alle udienze di questo processo è stata occasione scatenante di qualsiasi nefandezza contro di me, tanto che ho deciso con i miei avvocati che non era più il caso di frequentare il processo, se non per lo stretto necessario, come appunto lo è questa occasione, ciò nonostante le attenzioni serbatemi da questo tribunale, che ringrazio”.  

Fede: “Noi sottoposti a mortificazione”
Memoria scritta, ma solo depositata in tribunale, anche da parte dell’ex direttore del Tg4 Emilio Fede: “Di fronte a voi ci sono con tutti i loro diritti e doveri esseri umani che come tali non dovrebbero essere sottoposti a mortificazione”. Per il giornalista ad Arcore “non ci furono rapporti sessuali” né “nudità” né “balletti osceni”. 
“Non ho invitato Ruby – ha ribadito Fede – non mi ricordavo di averla conosciuta, non mi sono minimamente interessato alla sua età”. Fede scrive: “Mi limito a ricordare che di fronte a voi ci sono, con tutti i loro diritti e doveri, esseri umani e che come tali non dovrebbero essere sottoposti a mortificazione al di là di quelle che sono ancora reati presunti”. L’ex direttore del Tg4 riferimento poi alle parole usate dai pm nella requisitoria: “Assaggiatori, scene orgiastiche, situazioni bacchiche, offrono una triste e aberrante descrizione della realtà, offendono l’imputato che ha sempre e comunque il diritto costituzionale, articolo 27, alla presunzione di innocenza”. Inoltre, l’ex direttore spiega che la richiesta dei pm anche all’interdizione perpetua da incarichi riguardanti i minori “si commenta da sola”. E chiarisce che nelle serate di Arcore non ci furono “né nudità, né balletti osceni, né minorenni come vittime sacrificali, né tantomeno rapporti sessuali alla presenza di chiunque”. Nega di avere mai invitato Ruby ad Arcore e di essersi “minimamente interessato alla sua età”. Dunque, scrive ancora, “non ne ho mai riferito ad alcuno (il riferimento è all’età della ragazza, ndr)”. E poi ai giudici: “grazie comunque per quello che questa corte farà nel rispetto della verità e quindi della giustizia”.

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