Erano in 327mila in lizza per dividersi 11.542 cattedre. Ora, dopo la “preselezione” dei giorni scorsi, sono rimasti in 88.620. Insomma, più che un concorso, sembra proprio una gara ad eliminazione. I candidati rimasti in gara dovranno aspettare la pubblicazione della Gazzetta ufficiale del prossimo 15 gennaio per conoscere il calendario delle prove successive: uno scritto, un orale, una lezione finta. E se anche superassero le prove in calendario, non è detto che otterranno una cattedra. Il numero dei posti in palio non cambierà e chi non ce la farà a entrare nella graduatoria utile resterà a secco. Una fatica del tutto inutile, anche se assai costosa sia dal punto di vista dei soldi spesi per partecipare al concorso, sia per le energie impiegate. Una sorte sicura questa per oltre 77mila candidati.

Intanto si può già dire che la mannaia della “preselezione” ha colpito soprattutto al sud. Secondo il Miur, infatti, questa la graduatoria delle regioni dove è stata superata la quota del 40 per cento di ammessi: la Toscana (44,3%), il Piemonte (41,7%), la Lombardia (41,3%), la Liguria (il 40,3%). Quelle con le percentuali più basse invece sono: la Calabria (20,8%), il Molise (21,3%), la Basilicata (22,5%). Gli unici soddisfatti dell’andamento delle cose sembrano essere quelli del Miur che, in una nota ufficiale appena diffusa scrivono: “La percentuale di ammissione dei candidati, al di sopra del 30%, è in linea con le aspettative, ha dimostrato l’accessibilità del test e, allo stesso tempo, la piena funzionalità della prova. Il test rappresenta infatti un passaggio preliminare per la definizione della platea concorsuale, così come avviene in tutti i concorsi pubblici, nazionali ed internazionali, a prescindere dalle figure professionali”. Insomma: le prove non sono state “una semplice lotteria”. 

Una nota decisamente stonata rispetto alla quasi generale insoddisfazione diffusa nel mondo scolastico. “Il concorso dei docenti, come era prevedibile – ha amaramente commentato Domenico Pantaleo, segretario nazionale della Cgil scuola – è un colossale inganno nei confronti dei concorrenti e dei precari. Nei test d’ingresso non vi è alcun rapporto con la misurazione delle competenze professionali, didattiche e pedagogiche. In realtà si è trattato di un meccanismo esclusivamente finalizzato a tagliare il più possibile il numero dei concorrenti. Una lotteria a premi che umilia la scuola pubblica. È l’ultima prova della incapacità del ministro Profumo nella gestione delle politiche per i settori della conoscenza”. Una pesante eredità lasciata sulle spalle del prossimo governo.

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