Nuovo attacco al grattacielo dei media a Gaza. Le bombe avrebbero provocato almeno quattro morti. Tra le vittime, riferisce una fonte della Jihad islamica, ci sarebbe anche Ramez Harb, il leader delle brigate Al Quds, braccio armato del gruppo. Secondo fonti israeliane, nell’attacco sarebbero stati feriti anche altri tre militanti dello stesso gruppo: Baha Abu al-Ata, che secondo le forze armate israeliane è coinvolto in attacchi contro lo stato ebraico e nella produzione di armi, Tissir Mahmoud Mahmed Jabari, responsabile dell’addestramento dei militanti della Jihad, e Halil Batini, figura chiave nel lancio di razzi a lunga gittata.  

Si tratta del secondo attacco al media center in 24 ore. Dopo una domenica di sangue, con 29 palestinesi morti, in maggioranza donne e bambini (leggi la cronaca di ieri),  nel sesto giorno dell’operazione “Pilastro difensivo” si aggrava il bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza: al momento, riferisce il ministero della Salute gestito da Hamas, i morti palestinesi dall’inizio degli attacchi sono più di 100. Tra questi, secondo l’Unicef, almeno 18 bambini palestinesi hanno perso la vita e 252 sono quelli rimasti feriti dall’inizio delle ostilità a Gaza, e ci sono bambini anche tra i 50 civili israeliani feriti.

Altri due palestinesi hanno perso la vita in seguito a un bombardamento aereo a est del campo profughi di al-Burei, nel settore centrale dell’enclave. Nella notte un attacco ha colpito il quartiere di Zeitun, mentre in un altro raid è stata completamente distrutta la stazione di polizia di Gaza. Anche le navi da guerra israeliane hanno bombardato la Striscia nelle ore notturne. L’esercito israeliano ha reso noto di aver colpito nella notte 80 obiettivi (1.350 dall’inizio, mercoledì, dell’operazione in seguito all’uccisione del capo militare di Hamas). Per la seconda notte consecutiva, invece, c’è stata una relativa pausa nel lancio di missili da Gaza, il che farebbe pensare a una indebolimento della capacità di azione dei miliziani palestinesi. 

Intanto, si fa strada l’ipotesi di una tregua tra Israele e Hamas. Dopo un’altra giornata di raid, razzi e morti, in serata il gabinetto di sicurezza del premier israeliano Benyamin Netanyahu si è riunito per esaminare la proposta di cessate il fuoco recapitata dall’Egitto a coronamento degli sforzi negoziali condotti da ieri con gli emissari delle due parti. Secondo la radio pubblica israeliana, il governo Netanyahu pare intenzionato a chiedere una sospensione delle ostilità di 24-48 ore per permettere di elaborare i termini di un accordo di più lungo periodo. In questo caso, Israele potrebbe pensare ad un alleggerimento di quel blocco sulla Striscia di Gaza di cui Hamas invoca la fine integrale tra le precondizioni per trattare.

NEGOZIATI – Intanto, sul fronte diplomatico, si intensificano gli sforzi per raggiungere una tregua. In serata,  l’Unione europea ha chiesto l’immediato cessate il fuoco. Un appello condiviso dal segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon, che nelle prossime ore dovrebbe incontrare i leader palestinesi e israeliani. Il presidente americano, Barack Obama, ha chiamato il presidente egiziano Mohamed Morsi, chiedendogli di convincere Hamas a fermare il lancio di razzi su Israele. Obama ha parlato anche con il premier israeliano, Benyamin Netanyahu, cui ha chiesto un aggiornamento della situazione. Il gabinetto di sicurezza del premier israeliano si è riunito questa sera per esaminare la proposta di tregua egiziana. Secondo la rete Al Jazira, Netanyahu avrebbe accettato la richiesta di Obama e Morsi di rinviare di almeno 24 ore ogni decisione su un’eventuale offensiva di terra, per permettere di elaborare i termini di un accordo di più lungo periodo. In questo caso, Israele potrebbe pensare ad un alleggerimento di quel blocco sulla Striscia di Gaza di cui Hamas invoca la fine integrale tra le precondizioni per trattare. Un segnale distensivo giunge anche dai vertici di Fatah, il partito che fa capo al presidente dell’Anp, Abu Mazen. Da Ramallah, un alto dirigente del partito fa sapere di un accordo tra Fatah e Hamas per cercare una linea comune sul conflitto di Gaza, superando anni di rivalità intestine: “Da qui, insieme ad altri capi delle fazioni, annunciamo che mettiamo fini alle divisioni”. Dal Cairo anche Nabil Shaath, membro del comitato centrale di Fatah, ha detto che al momento c’e’ “un coordinamento completo” tra il presidente dell’Anp, Abu Mazen, e il capo del politburo del movimento islamico, Khaled Meshaal.

LE CONDIZIONI PER LA TREGUA – Nel corso della giornata entrambe le parti coinvolte si sono dette disponibili a una tregua, ma ciascuna alle proprie condizioni. Secondo il sito Ynet, che cita notizie provenienti dal Cairo, ma aggiungendo che non sono “confermate da nessuna altra fonte”, la prima delle sei condizioni poste da Israele sarebbe una ‘‘tregua per un periodo di oltre 15 anni”. Se non si dovesse trovare entro 48-72 ore un accordo complessivo – con la garanzia del presidente egiziano Mohammed Morsi – Israele sarebbe pronta a lanciare l’offensiva terrestre. La seconda condizione – spiega Ynet – sarebbe l’immediata cessazione del contrabbando di armi e del trasferimento di armi a Gaza. La terza, lo stop del lancio di razzi da parte di tutte le fazioni armate palestinesi e la fine degli attacchi ai soldati israeliani vicino la frontiera di Gaza. La quarta, il diritto di Israele di “dare la caccia ai terroristi” in caso di attacco o se “ottiene informazioni” che l’attacco sia imminente. La quinta – spiega ancora Ynet – il fatto che può restare aperto il passaggio di frontiera di Rafah tra Gaza e l’Egitto, mentre resterebbero chiusi quelli tra Gaza e Israele. La sesta, invece, prevede che i politici egiziani, guidati dal presidente Morsi, siano i garanti di ogni accordo sul cessate il fuoco. Nel senso che l’accordo sia sostenuto dai gradi politici dell’Egitto, così come dalle forze di sicurezza. Per contro il leader di Hamas Khaled Meshaal ha dichiarato: “Un’invasione di terra di Gaza non sarà un pic-nic, bensì un disastro politico” per Israele e il suo primo ministro Benjamin Netanyahu. “Se Israele vuole la tregua – ha aggiunto Meshaal – deve cessare il fuoco per prima, perché sono stati loro ad iniziare la guerra”. Secondo Meshaal è stato lo stesso Netanyahu a chiedere una tregua ad Hamas, ma l’ufficio del primo ministro israeliano ha seccamente smentito l’affermazione.

LA MINACCIA SUL WEB – “I kamikaze torneranno a colpire Israele”. Noncuranti dei negoziati, le brigate Ezzedin al-Qassam, braccio armato di Hamas, giurano vendetta di fronte all’offensiva israeliana nella Striscia di Gaza ‘. E lo fanno anche attraverso Internet, postando un video di propaganda su YouTube, in lingua araba e in ebraico: “Abbiamo nostalgia dei martiri”, minacciano. Si tratta dell’ultimo espediente di guerra psicologica ideato nei confronti d’Israele: “Aspettateci presto – recita una voce nel video -. Alle vostre fermate dell’autobus, nei vostri caffè”, ritorneranno “ gli attacchi suicidi”. E poi ancora: “Sionisti, non andate a dormire, perché potremmo anche sorprendervi nel sonno”. Le immagini, che mostrano combattimenti e lanci di razzi, sono accompagnate da un sottofondo musicale dal ritmo tipico di un film di azione di stampo hollywoodiano. La voce narrante ha un tono trionfalistico e ogni tanto inciampa in qualche strafalcione in ebraico. Non manca un sarcastico ‘incoraggiamento’ ai soldati israeliani, alle soglie di una possibile invasione armata della Striscia di Gaza: “Oh militari coraggiosi, avanzate, avanzate …così vi uccideremo”. Il video dal titolo ‘Messaggio della nazione palestinese ai sionisti‘, prima di essere pubblicato sul web è stato mandato in onda la notte scorsa dall’emittente televisiva al Quds.

In Israele, a prima vista in molti hanno creduto che il filmato fosse solo una parodia di un blogger e non della reale espressione della volontà del braccio armato di Hamas. Altri invece – visto il tam-tam che poi ha suscitato su Twitter – hanno espresso preoccupazione concreta di fronte alle minacce. Uno degli ultimi attacchi suicidi che hanno scosso Israele risale al gennaio del 2007 quando un kamikaze palestinese si fece esplodere in un panificio vicino a Eilat, sul mar Rosso, provocando quattro morti (attentatore compreso) e numerosi feriti. Poco più di un anno prima, durante la settimana della Pasqua ebraica, Tel Aviv era stata colpita da un altro terrorista palestinese, saltato in aria all’ingresso di una paninoteca con un bilancio di nove persone uccise. Il periodo più sanguinoso che Israele ricordi, sul fronte degli attentati suicidi, è quello della Seconda Intifada, iniziata nel settembre del 2000, con centinaia di vittime fra i civili. Grande teorizzatore delle azioni di “martirio” come “scelta strategica” fu lo sceicco Ahmed Yassin: guida spirituale di Hamas, ucciso poi nel 2004 in un attacco israeliano.

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