Chiedono di essere ricevute dal presidente del Consiglio Mario Monti e di avere voce in capitolo sulla verifica dell’efficacia del Piano nazionale Antiviolenza varato dall’ex ministra delle Pari opportunità Mara Carfagna, per rivederlo in vista della sua scadenza, il prossimo anno, considerato che “in due anni non ha raggiunto alcun obiettivo”. Sono le principali associazioni che si occupano di donne a livello nazionale e internazionale: l’Unione delle donne, la Casa internazionale delle donne, Donne in rete contro la violenza, Telefono rosa, Giulia giornaliste, oltre alla piattaforma Cedaw che riunisce organizzazioni e singole persone impegnate nella promozione dei diritti delle donne. Associazioni che lo scorso hanno, supplendo al silenzio del governo, hanno presentato alle Nazioni unite un rapporto ombra a seguito del quale l’Onu ha rivolto all’Italia una serie di raccomandazioni assai stringenti e critiche, sia sulla violenza di genere in generale, sia sul femminicidio. Da allora, però, poco è cambiato.

A parlare sono i numeri che contano circa un centinaio di donne, in soli nove mesi, assassinate da un partner, un ex partner o un familiare. Una mattanza, davanti alla quale le organizzazioni italiane hanno deciso che l’unione fa la forza, e si sono sedute allo stesso tavolo, per stilare una Convenzione nazionale contro la violenza femminile sulle donne (scarica il testo), le linee guida da proporre al governo che possano rendere organiche le indicazioni del “Piano Carfagna”, peraltro quasi totalmente inapplicate. A cominciare dai comitati di monitoraggio, mai attivati, che avrebbero dovuto fornire dati certi su violenze domestiche, femminicidi, stupri.

“I 20 milioni stanziati già nel 2006, sono stati spesi dopo anni, ma non si sa come – hanno spiegato le associazioni, presentando la Convenzione – Non ci sono indicazioni chiare né di cosa si sia fatto e quanto investito sulla prevenzione, come pure la situazione è assai nebulosa sulle attività di contrasto”. Di certo, spiegano, lo stesso Comitato di gestione del Piano, non è stato formato per questo, e i centri antiviolenza finanziati attraverso un bando nazionale, con fondi parziali e a pioggia che poco avevano a che fare con le esigenze dei singoli territori. Un esempio per tutti: nel Piano nazionale era stato previsto un apposito fondo per le donne in difficoltà dell’area aquilana, colpita dal terremoto nel 2009. L’allora ministra ne parlò in abbondanza, e il progetto fu addirittura oggetto di dibattito in conferenze internazionali. Peccato che i centri antiviolenza aquilani andati distrutti, a tutt’oggi non abbiano ricevuto un solo euro.

Il problema, però, è che anche l’attuale ministra Elsa Fornero, sembra essere piuttosto sorda in proposito e, sebbene sollecitata in ogni modo ad aprire un tavolo, non ha dato alcun segnale di risposta. “Non vogliamo più parole, per questo chiediamo un incontro a Monti, perché la questione della violenza di genere riguarda tutti i ministri, e ognuno deve prendersi le proprie responsabilità e attrezzarsi: chiediamo politiche vere e le chiediamo al governo e al Parlamento per la sua parte”, ha detto Vittoria Tola, responsabile nazionale Udi, cui ha fatto eco Simona Lanzoni di Cedaw: “Non si può rispondere che l’Italia è in crisi e dunque non ci si può occupare di violenza di genere. Perché l’Italia è in crisi anche perché non ci si è occupati della tutela di oltre metà della popolazione nazionale”. Così, da oggi in rete è disponibile un appello da sottoscrivere per dar peso alle istanze riunite nella Convenzione e rivolte a Palazzo Chigi.

Riceviamo e pubblichiamo dall’associazione ‘Telefono Rosa’

Preg.mo Direttore,

in relazione a quanto riportato dall’articolo, il Telefono Rosa esprime il proprio dissenso sull’articolo “Violenza sulle donne, ‘fallito il piano Carfagna. Ora Monti ci ascolti'” e su quanto in esso contenuto. Ci teniamo a precisare (chiedendo che gentilmente ci venga dato spazio perché sia noto ai suoi Lettori) che il Telefono Rosa non ritiene in alcun modo che il Piano Antiviolenza “in due anni non ha raggiunto alcun obiettivo” e che l’associazione Nazionale Volontarie Telefono Rosa-Onlus non si trova in sintonia con quanto espresso nell’intervista in nome e per conto delle associazioni aderenti alla “Convenzione No more”.

Siamo certe, è chiaro, che ci sia ancora malta da fare e da migliorare sui piano della lotta alla violenza sulle donne, ma una visione così catastrofica è lontana, a nostro parere, sia dalla realtà che dalla nostra opinione. Sono state fatte cose importanti (non solo il 1522, ma anche ad esempio incisive campagne di comunicazione) e attivati molti progetti, grazie ai quali sono stati formati operatrici e operatori che si trovano in prima linea in questa battaglia. Fermo restando la validità delle istanze della Convenzione No more, ci tenevamo a precisare quanta esposto ringraziando per l’attenzione e lo spazio che il giornale potrà dedicarci.

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