Il Nobel per la Medicina conferito al ricercatore britannico John Gurdon e al collega giapponese Shinya Yamanaka premia le staminali etiche. Il lavoro dei due ricercatori ha infatti permesso di scoprire che è possibile ‘riprogrammare’ le cellule adulte fino ad uno stato ‘pluripotente’ (da cui la sigla Ips, Induced Pluripotent Stem Cells), in cui sono in grado di dar vita a diversi tipi di tessuto. Primo di questa loro scoperta queste cellule staminali potevano essere ottenute solo attraverso la distruzione degli embrioni. Anche per questo il riconoscimento viene salutato con soddisfazione della comunità scientifica italiana. 

“E’ una cosa fenomenale” dice Elena Cattaneo, professore all’Università di Milano e direttore del Laboratorio di biologia delle cellule staminali e farmacologia delle malattie neurovegetative. La scoperta dello scienziato giapponese sulla riprogrammazione delle cellule ha indotto a “riscrivere i libri di biologia. La scoperta di Yamanaka è anche il frutto di 10 anni di studio intenso sulle cellule staminali embrionali vere, fatte da colleghi statunitensi – fa notare Cattaneo – il loro lavoro, condotto nonostante le restrizioni dell’epoca Bush, ha fornito tante informazioni a Yamanaka”. Secondo Cattaneo, è presto per dire se la “sconvolgente” scoperta dello studioso vincitore del Nobel possa essere utile dal punto di vista terapeutico: “La strada è ancora lunga”.

L’accademia dei Nobel ha premiato una ricerca che può permettere di “bypassare tutti i problemi etici legati agli esperimenti sugli embrioni” commenta  il vicepresidente del Comitato nazionale di bioetica (Cnb), Lorenzo D’Avack. “Quello degli esperimenti sugli embrioni è una sorta di nodo gordiano, che questa ricerca taglia di netto: prendendo cellule adulte e ringiovanendole fino a uno stadio di simil-staminali – sottolinea infatti il bioeticista – si ottengono cellule in uno stadio che può permettere di ottenere gli stessi risultati possibili con” le cellule bambine. “Insomma, i premiati sono due studiosi molto seri e più che meritevoli di questo riconoscimento”. Per chi parte “dall’idea che l’embrione è una persona, questi studi consentono di evitare esperimenti, e quindi in ultima analisi la distruzione degli embrioni ai fini della ricerca”. 

Le scoperte dei due scienziati premiati “sono destinate a impattare nel campo medico“, rappresentando “un traguardo che diventa punto di partenza per farmaci mirati, medicina personalizzata e autotrapianti” secondo Giovanni Neri, direttore dell’Istituto di Genetica medica dell’Università’ cattolica di Roma e presidente della Società italiana di genetica umana. In particolare le “cellule riprogrammate” saranno molto utili per studiare e intervenire su malattie neurovegetative e del cervello, i cui tessuti non sono accessibili: “Si potrà prendere le cellule della cute, coltivarle in vitro, riportarle allo stato embrionale pluripotente e riprogrammarle per farle diventare cellule di altri tessuti”.

E così per Giuseppe Novelli, direttore della U.O.C. Laboratorio di genetica medica del Policlinico Universitario di Roma Tor Vergata,  “mai Nobel fu così meritato”. Novelli vede grandi prospettive dalle scoperte di Yamanaka e  Gurdon. La comprensione del funzionamento delle cellule indotte pluripotenti staminali potrebbe avere – a suo giudizio – importanti ricadute sulle studio dei meccanismi biologici, sulla comprensione delle basi molecolari delle malattie e sulla sperimentazione di nuovi farmaci. “Se disponessimo di cellule malate in provetta, si aprirebbe uno scenario incredibile”, commenta Novelli. “La possibilità terapeutica di disporre di cellule staminali proprie sarebbe un grande passo avanti ma – aggiunge – siamo ancora indietro”. 

Quella di Yamanaka è una scoperta “paragonabile alla teoria della relatività di Einstein. Tanto che, quando ha pubblicato il suo studio, ho subito detto, scrivendolo anche in un libro, che era una scoperta da Premio Nobel. E all’epoca mi sono beccato anche del cialtrone. Ebbene, ho avuto ragione”. Non nasconde una certa soddisfazione lo scienziato Angelo Vescovi, direttore della Casa sollievo della sofferenza di San Pio a San Giovanni Rotondo, che ha eseguito in Italia il primo trapianto al mondo di cellule staminali su malato di Sla, e da pochissimo con il suo gruppo è arrivato “a trattare il terzo malato”. E’ convinto che lo studio di Yamanaka stia rivoluzionando la medicina. “Il futuro della medicina rigenerativa è segnato dalla ricerca sulle cellule ringiovanite”. E anche la ricerca in corso in Italia, che arriverà a coinvolgere 18 pazienti in un trial clinico di fase I, sarà influenzata da questi studi ‘da Nobel’. “Oggi ai pazienti affetti da Sla trapiantiamo cellule staminali del cervello prelevate da un feto morto per cause naturali. Ma fra 3-4 anni – prevede lo scienziato – potremo usare cellule adulte degli stessi malati da trattare”, ‘ringiovanendole’ e riprogrammandole ad hoc.

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