Per il presidente della Consob Giuseppe Vegas sono giorni di grandi soddisfazioni personali. Di certo l’ex viceministro di Giulio Tremonti non si sarebbe mai aspettato di essere descritto da qualche giornale come l’intrepido sceriffo dei mercati che ha svelato le (presunte) trame incofessabili di Mediobanca e dei Ligresti. Nientemeno. Proprio lui, Vegas, che da subito si era schierato a favore della soluzione proposta dalla stessa Mediobanca per salvare la disastrata Fonsai. Soluzione, come noto, che usa i soldi dell’Unipol e dei piccoli azionisti per salvare la compagnia dei Ligresti e anche il miliardo e passa di crediti della banca d’affari guidata da Alberto Nagel.

A gennaio Vegas aveva incontrato più volte lo stesso Nagel proprio per studiare una versione del salvataggio che fosse accettabile per i mercati, dopo una prima davvero impresentabile ipotesi formulata nelle settimane precedenti. Un intervento “irrituale, inopportuno e forse anche illegittimo” si smarcò subito il commissario Consob Michele Pezzinga. Già, perché non era mai successo che il capo di un’Authority di controllo, per sua natura indipendente, vestisse addirittura i panni del consulente. L’intervento di Vegas, per quanto discutibile, rappresenta un passo avanti rispetto al recente passato. Il precedente presidente della Consob, Lamberto Cardia, in carica aveva un figlio avvocato, Marco, a libro paga dei Ligresti come membro della commissione di vigilanza per la legge 231. Cardia (il padre) ha regnato sulla Consob dal 2003 fino al 2010, gli anni in cui il gruppo Fonsai è stato affossato dalla gestione Ligresti. Su questi affari adesso indaga la magistratura a Milano e a Torino. Cardia invece ha prontamente trovato un’altra poltrona eccellente, questa volta come presidente delle Ferrovie dello Stato.

PER VEGAS, quindi, era davvero difficile fare peggio del suo predecessore. Sta di fatto che dopo l’iniziale collaborazione con Mediobanca e Unipol, la Consob ha imposto una serie di condizioni per il via libera al salvataggio. Prima tra tutte quella che l’uscita di scena non fruttasse neppure un euro ai Ligresti. Secondo molti osservatori sarebbe stato il timore di essere scavalcati dalle indagini della magistratura a influenzare l’atteggiamento della Commissione. Un film già visto in passato, per esempio nel 2004 con il caso del furbetto Gianpiero Fiorani e di Antonveneta.

Nelle settimane scorse si è così aperto un canale diplomatico riservato tra Procura e Consob. E non solo per quanto riguarda le indagini che riguardano le presunte manovre illegali di Borsa sui titoli della holding Premafin, indagini che coinvolgono tra l’altro il finanziere francese Vincent Bolloré. Il pm Luigi Orsi ha messo nel mirino fin da subito il ruolo delle banche creditrici Mediobanca e Unicredit. Si è così arrivati, il 13 giugno, su richiesta della Procura, alla dichiarazione di fallimento di Imco e Sinergia, due importanti società della famiglia Ligresti. Il fallimento porta dritto alle indagini per reati di bancarotta. Il patron Salvatore e i suoi tre figli erano convinti che Unicredit avrebbe fatto di tutto per evitare questo crac. Sentendosi traditi hanno giocato il tutto per tutto. Da qui le rivelazioni in procura di Jonella Ligresti e la scoperta dell’ormai famoso “papello” siglato da Nagel, finito anche lui nella lista degli indagati.

Che cosa succederà adesso? Consob e Procura continueranno a marciare di pari passo? Più di un segnale induce a ritenere che il rapporto potrebbe incrinarsi. Orsi nelle prossime settimane potrebbe allargare ancora il fronte delle indagini interrogando i capi di Unipol, Carlo Cimbri, e Unicredit, Federico Ghizzoni. E se emergessero nuovi elementi si potrebbe arrivare addirittura a uno stop del salvataggio. Dalla Consob invece trapela una certa irritazione perché la Procura non ha girato alcuni documenti, tra cui il papello di Nagel, ritenuti indispensabili anche per le indagini della Commissione. Perfino la scelta di Orsi di sospendere le indagini per prendersi qualche giorno di ferie sarebbe stata accolta con sorpresa da Vegas. A Roma vorrebbero chiudere il dossier Fonsai il più presto possibile, ma per arrivare a un verdetto hanno bisogno di tutta la documentazione raccolta dai magistrati. Altrimenti il salvataggio del gruppo assicurativo rischia di tagliare il traguardo con l’incognita di possibili nuovi interventi della procura. E allora addio operazione di sistema. Quella fin da principio sponsorizzata e suggerita da Vegas.

da Il Fatto Quotidiano del 9 agosto 2012

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