Il governo Monti ha incassato la fiducia del Senato e il decreto sul terremoto è diventato legge. Senza emendamenti, ma non senza polemiche. La votazione a palazzo Madama, che si è conclusa con 247 sì, 11 no e 4 astenuti, ha dato il via libera alle misure urgenti in favore delle popolazioni terremotate dell’Emilia, della Lombardia e del Veneto. Ma l’ok è arrivato accompagnato dalle proteste della Lega Nord, che non ha votato, e dell’Italia dei Valori, contraria. In disaccordo con un provvedimento “lacunoso e insufficiente”, inviato dalla Camera al Senato in forma blindata, spiega Nello Di Nardo, capogruppo dell’Italia dei Valori in commissione Ambiente e Territorio a Palazzo Madama, “solo per tentare di frenare lo scollamento della maggioranza provvisoria, talmente divisa da non essere in grado di approvare un provvedimento atteso da ben tre regioni”.

Scontento dell’approvazione lampo anche il Pdl, che avrebbe preferito aggiungere qualche emendamento al testo di legge. Come quello, bocciato dal governo, che avrebbe dovuto salvare dall’abbattimento migliaia di edifici abusivi collocati tra Ischia e l’entroterra campano. Il blitz è stato messo in atto da 19 senatori tra gli iscritti al partito delle libertà e i “responsabili”, che all’ultimo minuto hanno tentato di infilare un paragrafetto sul condono nel testo della legge, perchè “esiste la sofferenza in Emilia, ma c’è anche una sofferenza in Campania”. Incassando però un nulla di fatto. Monti del resto era stato chiaro, il 6 agosto i termini per l’approvazione sarebbero scaduti e il via libera era necessario per garantire almeno quella prima ondata di aiuti che, in Emilia, servono come l’aria. 

Convertito in legge, il decreto 74 sbloccherà finalmente i 2,5 miliardi di euro in tre anni stanziati dal governo Monti a sostegno delle popolazioni terremotate e consentirà, alle regioni colpite dal sisma, di iniziare la ricostruzione. “E’ un primo passo utile per affrontare con urgenza i problemi della ripresa sociale ed economica dei territori investiti dal terremoto – spiega Vasco Errani, presidente della Regione Emilia Romagna e commissario delegato alla ricostruzione -. Va detto però che diverse questioni importanti rimangono non risolte, dal tema del differimento dei termini per gli adempimenti fiscali e tributari, a quello relativo al credito d’imposta per quanti investono nella ricostruzione. Solo per fare alcuni esempi”.

“L’ok del Senato – chiarisce infatti Rudi Accorsi, sindaco di San Possidonio – darà la possibilità al commissario Errani di intraprendere quel percorso urbanistico fatto di riforme e deroghe che ci permetterà di iniziare a lavorare per rimettere in piedi l’Emilia, la nostra terra”. Che a causa delle scosse del 20 e del 29 maggio ha riportato danni per 13,2 miliardi di euro.

“Tuttavia – aggiunge Accorsi – questo è solo un primo segnale positivo dopo un inizio stentato”. I sindaci dei Comuni terremotati, così come l’opposizione al governo, si aspettano ulteriori interventi da parte del premier Monti. Una deroga efficace al patto di stabilità, “che nelle condizioni attuali porta solo a una burocrazia assurda e controproducente”, e una distinzione netta tra chi vive la condizione di terremotato e chi invece, comune emiliano romagnolo, ha subito danni a causa del sisma ma ha le strutture integre.

Inoltre, chiedono ancora gli amministratori locali, “abbiamo la necessità di assumere qualche dipendente in più a tempo determinato, perché questa situazione che stiamo vivendo non è normale, e non lo sarà almeno per tutto il prossimo anno. Così – aggiunge Accorsi – servono forze nuove per riuscire a garantire servizi maggiori alla popolazione, che oggi si trova ancora in una situazione drammatica”.

Un altro punto sul quale i sindaci sono irremovibili riguarda i criteri di ricostruzione. Come avevano segnalato aziende e imprese, specialmente per quanto riguarda il settore agricolo, “sarebbe anti economico riedificare una struttura inagibile seguendo le caratteristiche che aveva in precedenza”. Pertanto, afferma Accorsi, è necessario che “alle nostre imprese si consenta di seguire criteri diversi”. “Per ricostruire un fabbricato com’era prima del terremoto, generalmente in pietra, i costi si aggirano intorno ai 2000 euro al metro quadro –spiega Pierluigi Bolognesi, direttore di Confagricoltura Modena – invece, per erigere una struttura più moderna e funzionale ne basterebbero dai 500 ai 1.000. Non è conveniente, quindi, rispettare i vecchi canoni quando non si parla di edifici storici”.

E lo stesso discorso vale per capannoni, stabili, fabbricati. Per le migliaia di edifici inagibili che costellano la bassa modenese e ferrarese.
”Il Governo avrebbe dovuto fare molto di più nei confronti delle popolazioni colpite – accusa Federico Bricolo, capogruppo della Lega Nord al Senato – a cominciare dal sostegno alle imprese per difendere i posti di lavoro e ai fondi da destinare alla ricostruzione. In segno di rispetto nei confronti di tutte quelle famiglie che da mesi vivono nelle tende. Il provvedimento doveva essere migliorato: sarebbe stato sufficiente discuterlo un giorno in più al Senato e alla Camera”.

Ma ormai il decreto è legge e ora, ricordano i sindaci emiliani, non resta che andare avanti e iniziare a ricostruire. In attesa di ciò che da settimane in regione si chiede a gran voce: una legge per la ricostruzione adeguatamente finanziata. “Come del resto si fece in passato in occasioni simili – ricorda il commissario Errani – capace di rispondere anche alle diverse questioni rimaste irrisolte con il provvedimento varato dalla Camera oggi”.

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