Chiusura positiva per la Borsa di Milano che si ferma sotto i massimi di giornata con il Ftse Mib che sale dell’1,19% a 12.891 punti e l’All Share in rialzo dell’1% a 13.817. Dopo l’avvio debole, Piazza Affari ha invertito rotta sostenuta dal rimbalzo del comparto bancario. Sui mercati europei (tutti positivi in Europa tranne Francoforte) c’è attesa per le mosse di Bce e Federal reserve, che si riuniranno in settimana. Sul listino milanese bene i finanziari, contrastati energetici e industriali; rialzo per Generali. Scende a 1,4 miliardi il controvalore degli scambi. Secondo gli operatori il sereno, almeno in queste ore, è tornato sul settore del credito grazie alle anticipazioni su un piano per ricapitalizzare il sistema bancario iberico che non figuri come aiuti diretti a Madrid e al via libera ufficiale della troika Ue-Bce-Fmi dell’erogazione della tranche da 4,1 miliardi di euro di aiuti esterni per Lisbona. Il differenziale tra Btp italiani e Bund tedeschi ha iniziato la giornata sfiorando quota 470, ma è lentamente sceso di nuovo con il passare delle ore fino a poco oltre i 440.

Brutte notizie, invece, per l’Europa dall’istituto Sentix che misura l’indice della fiducia nell’economia dell’Eurozona. A giugno l’indice è sceso ai minimi da tre anni toccando -28,9 punti dai -24,5 punti di maggio. Gli analisti avevano previsto una lettura ancor peggiore, a quota -29,5 punti. A preoccupare è soprattutto il rallentamento della locomotiva tedesca, con l’indice calcolato sulla Germania che scende da 9,1 a 6,9 punti.

Gli Usa: “Scettici”. La doccia gelata arriva anche dagli Stati Uniti. “L’Europa deve compiere ulteriori passi per convincere i mercati finanziari che è stato fatto abbastanza per fermare la crisi del debito” ha spiegato il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. C’è scetticismo sui passi finora intrapresi per fermare la crisi e per evitare che la stessa peggiori. Per questo l’amministrazione Obama reclama – ma ormai si potrebbe dire “pretende” – che la Ue vari adeguate misure per scongiurare il rischio contagio. A Washington l’insofferenza per un Vecchio Continente incapace di reagire come dovrebbe, prigioniero dei contrasti tra le varie capitali, cresce di giorno in giorno. Di fronte alle continue schermaglie sugli eurobond o alle contrastanti voci sul possibile “piano salva euro” – che alcuni danno per certo ma che Bruxelles continua a negare – il presidente americano, Barack Obama, sembra proprio aver perso la pazienza. E – a poche settimane dal decisivo Consiglio dei capi di Stato e di governo della Ue di fine giugno – il portavoce Carney attacca.

Di solito misurato nelle parole, stavolta Carney non si limita a confermare la fiducia nella capacità dei leader europei di venirne a capo. “I mercati – ha detto senza mezzi termini – restano scettici sul fatto che le misure prese finora siano sufficienti per garantire una ripresa in Europa e per rimuovere il rischio che la crisi si aggraverà. Altri passi devono essere compiuti”. Perchè qui – ha ribadito – non si tratta solo di salvare la zona euro, ma di salvaguardare l’intera economia mondiale. Un concetto che il presidente Obama negli ultimi giorni ripete quasi ossessivamente. Sotto gli occhi ha i dati che indicano una frenata dell’economia americana nei primi tre mesi dell’anno e una disoccupazione che a maggio, dopo un anno, è tornata a rialzare la testa. Cifre che minacciano la ripresa, ma anche le chance di rielezione dell’attuale inquilino della Casa Bianca.

Quest’ultima si tiene comunque in “regolare contatto” con le cancellerie europee, ha ripetuto Carney, che vengono costantemente invitate a seguire l’esempio degli Stati Uniti e di come reagirono dopo la crisi scoppiata nel 2007. Un invito, dunque, a tener conto di quella ricetta – soprattutto sul fronte dei problemi del sistema bancario – che se ha funzionato da una parte dell’Atlantico potrebbe ben funzionare anche dall’altra. L’allarme della Casa Bianca è tra l’altro quello lanciato anche dalle pagine del Wall Street Journal, secondo cui gli investitori internazionali sono sempre più preoccupati per la crisi dell’Eurozona e dall’eventualità – non più così remota – che un crollo della Grecia possa portarsi dietro anche altri Paesi come la Spagna. Col risultato di un vero e proprio “prolungato declino mondiale”.

Merkel: “C’è bisogno di una risposta”. “Il mondo vuole sapere come noi vogliamo coniugare nel medio termine l’unione politica con quella monetaria e c’è bisogno di una risposta, la Germania sarà un partner costruttivo” ha affermato in serata la cancelliera Angela Merkel prima del vertice con il presidente della Commissione Ue, Josè Manuel Barroso. Sulla stessa linea Barroso per cui bisogna parlare “del futuro cercando di completare nei fatti l’unione economica con quella monetaria”. Per le banche europee di rilevanza sistemica la cancelliera ha riconosciuto la necessità di “una specifica vigilanza europea” ma, in linea con quanto sostiene il mondo bancario tedesco, ha subito derubricato la questione come “un obiettivo di medio termine”.

Ue: “Nessun piano segreto”. Intanto l’Unione Europea precisa che non ci sono “piani segreti” come aveva scritto il giornale tedesco Die Welt. “Non ci sono piani segreti per ristrutturare l’eurozona” ha spiegato Pia Ahrenkilde, portavoce della commissione europea: quello in atto, ha detto, è il lavoro tra Van RompuyBarrosoDraghi e Juncker “convenuto nel vertice informale del 23 maggio” per “la necessità di approfondire l’unione economica e monetaria”. La portavoce ha poi specificato che nell’agenda dell’incontro di stasera tra Barroso e Merkel “ci sarà l’unione bancaria” e la proposta di Fondo di risoluzione bancaria.

L’obiettivo, insomma, è quello “di mettere in piedi un piano di lavoro, un metodo di lavoro sui settori prioritari su cui intensificare il lavoro per approfondire l’Uem e rafforzare la governance economica”. E questo, ha sottolineato la Ahrenkilde, comprende “nuove proposte che si aggiungono all’insieme di strumenti già mobilitati, a tutte le tappe molto importanti già compiute (il Fiscal Compact, il ‘two-pack’, l’Esm) per rafforzare l’Uem e per arrivare ad un’integrazione economica che possa essere dello stesso livello di quella monetaria”.

Apertura importante anche dal commissario europeo agli affari economici Olli Rehn: “E’ importante considerare la ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo di stabilità permanente per l’Eurozona. Rehn ha comunque ricordato che “al momento questo non fa parte del trattato sull’Esm nella sua forma attuale” 

Berlino: “No agli eurobond”. Nel frattempo la Germania non perde tempo per ribadire il suo no agli eurobond, sottolineando che i titoli del debito comune nell’eurozona saranno possibili solo tra molti anni. “Il governo tedesco – ha detto il portavoce del governo tedesco, Steffen Seibert – ritiene al momento completamente inadatti gli eurobond per uscire da questa crisi. La cancelliera ha più volte ribadito che si può pensare ad uno strumento del genere solo alla fine di un processo di integrazione politica europea più grande. Stiamo parlando di molti anni”.

La Germania, secondo l’analisi già citata del Wall Street Journal, sarebbe disposta ad accettare gli eurobond o un’unione bancaria solo in cambio della disponibilità da parte degli altri leader europei a trasfererire alla Ue una percentuale significativa dei poteri di finanza pubblica dei singoli stati. Se il progetto andasse in porto, scrive il quotidiano economico americano, ridisegnerebbe l’unione monetaria europea e costituirebbe uno dei passaggi più ambiziosi da quando è stata varata la moneta unica. “Più gli altri stati membri sono disposti a cedere diritti di sovranità in cambio di un maggiore coinvolgimento delle istituzioni europee, più noi siamo disposti a giocare un ruolo attivo nello sviluppare cose come l’unione bancaria. Non si può avere una cosa senza l’altra” ha spiegato un funzionario tedesco anonimo al giornale, peraltro dicendo le stesse cose già trapelate nel pezzo della Welt. Si tratta della prima volta, scrive il Wsj, che la Germania mostra segnali di disponibilità a cedere sulle posizioni finora mantenute, ma Berlino intende inserire questi temi in una più ampia discussione sul futuro dell’Europa e sulla struttura dell’eurozona. Tuttavia, al momento non ci sono garanzie, rileva il quotidiano, sul fatto che i leader europei siano capaci di colmare differenze che finora sono risultate incolmabili.

Germania apre all’unione bancaria. La stessa cautela la cancelleria tedesca la mostra per l’unione bancaria, la proposta su cui stanno lavorando le istituzioni europee e tra i punti chiave del cosiddetto “piano segreto” (che segreto magari non sarà) citato ieri dalla Welt per salvare Unione europea e moneta unica. “Ci sono diversi concetti di unione bancaria – dichiara il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble – Bisogna aspettare quali proposte Draghi, Barroso e Van Rompuy avanzeranno”. 

In realtà in serata l’atteggiamento sembra meno chiuso di quanto sembri. Sarebbe infatti “Più crescita per l’Europa: occupazione, investimenti e innovazione” il titolo di un documento del governo tedesco i cui contenuti saranno riportati dal quotidiano economico Handelsblatt nell’edizione domani in edicola. Qui – secondo un’anticipazione delle agenzie – Berlino “prende in considerazione” il progetto di un’unione bancaria. Il documento farebbe parte delle proposte del governo per arrivare ad una intesa con l’opposizione (Spd e Verdi), che ha minacciato nelle scorse settimane di non dare l’appoggio necessario alla ratifica del fiscal compact in Parlamento (per il quale servono i due terzi dei voti). Il governo si impegnerà inoltre “con forza per introdurre una tassa finanziaria” a livello europeo: una delle condizioni richieste dalla opposizione. Fra gli altri elementi del piano compare un rafforzamento della Bei e il sostegno alle riforme dei paesi in difficoltà.

Francia: “Serve una nuova fase”. Diversa strada sembra imboccare invece il nuovo governo francese. alla prima visita alla Commissione europea dopo l’insediamento il ministro dell’Economia Pierre Moscovici spiega che il consiglio europeo di fine giugno deve concludersi “con una nuova fase della costruzione europea” in cui ci siano più integrazione, più crescita e più unione europea. La Francia, ha aggiunto è “a favore dell’unione bancaria” e della ricapitalizzazione diretta delle banche da parte del fondo salva-stati Esm. Argomento, ha detto, fondamentale: “Con la Commissione europea c’è convergenza e non è un mistero”.

Moscovici, nel suo primo incontro con i vertici Ue, ha preso “l’impegno formale” che la Francia rientrerà nell’obiettivo di deficit al 3% “nel 2013” e “senza misure di austerity”. Il ministro francese ha specificato di essere andato a Bruxelles “per rassicurare sull’impegno” di raggiungere l’obiettivo di bilancio del 3% nel 2013 e “di pareggio nel 2017”. “Sento una grande fiducia” da parte di Rehn, ha aggiunto specificando che “siamo pronti ad essere giudicati sulla base dei risultati, ma abbiamo i nostri nodi e le nostre strade”. In particolare ha specificato che “vogliamo fare le riforme per ristabilire la competitività” ma anche “per la giustizia fiscale e dei redditi”.

Ok della troika, aiuti da 4 miliardi al Portogallo. Le borse europee hanno svoltato in positivo, come detto, in particolare per la decisione della troika Ue-Bce-Fmi che ha “promosso” il Portogallo, la cui attuazione del programma di risanamento è “sulla strada giusta” e permette l’erogazione della tranche da 4,1 miliardi di euro di aiuti esterni per Lisbona. Le riforme, è stato rilevato, procedono “come concordato” anche se “la disoccupazione in aumento si sta rivelando una preoccupazione crescente”. Il Portogallo è stato il terzo Paese dell’Eurozona ad essere salvato, dopo Grecia e Irlanda. L’economia portoghese dovrebbe contrarsi di oltre il 3% quest’anno, mentre la disoccupazione è schizzata al 15%.

Il Portogallo, peraltro, ha tagliato le stime sul Pil 2013 portandole a +0,2% dal +0,6% atteso ad aprile. Il ministro dell’economia portoghese Vitor Gaspar ha aggiunto che il rapporto debito-Pil salirà nel 2013 al 118,6%. La Ue aveva previsto un rapporto al 117,1% dopo il 113,9% del 2012. Gaspar- scrive Bloomberg – ha assicurato che Lisbona sta rispettando gli impegni concordati nel quadro del piano di salvataggio dopo che oggi il Fmi ha concluso la quarta revisione sull’attuazione del programma.

Il governo portoghese, infine, inietterà 6,6 mld di euro in tre delle maggiori banche del Paese, che continuano a versare in difficoltà a causa della crisi dell’Eurozona. Le banche lusitane hanno bisogno dei fondi per soddisfare i nuovi requisiti di capitale fissati dall’Unione Europea. I soldi verranno dal pacchetto di salvataggio da 78 mld di euro concesso l’anno scorso dall’Ue e dal Fmi: di quei fondi, 12 mld sono destinati a supporto delle banche in difficoltà. 

La Spagna negozia aiuti “diretti”. La Spagna, secondo il quotidiano El Paìs, negozia invece con i leader europei un piano per ricapitalizzare il sistema bancario iberico con aiuti diretti, ma in modo che l’intervento non rientri nel quadro di un salvataggio internazionale che imporrebbe nuove misure di austerity. L’ipotesi prende le mosse dall’idea di un meccanismo di sostegno diretto a tutte le banche europee che consenta di superare gli ostacoli giuridici a un simile intervento con un “accordo intergovernativo”. Sotto questo aspetto arriva anche una dichiarazione dal governo tedesco, per il quale “spetta solo al governo spagnolo decidere se chiedere o meno accesso a un piano di aiuti”. Precisazione che segue le indiscrezioni per le quali Berlino avrebbe fatto pressione su Madrid in questo senso. 

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