Nino Caianiello

Cinque anni per estorsione all’uomo forte del Pdl in provincia di Varese. A tanto ammonta la condanna inflitta martedì sera a Gioacchino Caianiello e all’architetto Piermichele Miano per il reato di estorsione consumato ai danni del costruttore edile Emilio Paggiaro. La sentenza è arrivata dopo un’ora di camera di consiglio ed è stata pronunciata dal collegio presieduto da Toni Adet Novik del tribunale di Busto Arsizio. La vicenda è iniziata nel 2005, quando Paggiaro denunciò di essere stato costretto a pagare 250 mila euro in contante per favorire il cambio di destinazione dell’area ex Maino a Gallarate, dove poi è stato realizzato un supermercato. Al Tribunale di Busto Arsizio la pm Francesca Parola aveva chiesto una condanna a sei anni per il reato di concussione, in quanto all’epoca dei fatti Caianiello aveva un incarico all’interno dell’azienda municipalizzata Amsc di Gallarate. Tuttavia secondo il collegio giudicante Caianiello non poteva essere ritenuto un pubblico ufficiale, così è stato giudicato per il reato di estorsione, alla stregua di un privato cittadino che ha approfittato della sua grande influenza politica per condizionare la giunta gallaratese ed estorcere denaro alla vittima.

Caianiello, da gestore di una ricevitoria, ha saputo costruirsi un impero. Prima socialista, ha aderito a Forza Italia e ha compiuto la sua scalata al partito, imponendosi come il riferimento dell’area laica del Popolo delle libertà. È stato coordinatore provinciale del Pdl varesino e ne è tutt’ora uno degli esponenti più influenti. È con lui che per anni bisognava fare i conti per chiudere accordi elettorali, per esprimere una candidatura, nominare i componenti dei consigli di amministrazione o, semplicemente per fare politica. Personaggio sicuramente molto potente, circondato da una corte dei miracoli che da Gallarate si estendeva in buona parte della provincia di Varese e giù, fino al Pirellone, dove è sempre riuscito a piazzare uomini a lui vicini (non ultimi i consiglieri Rienzo Azzi e Giorgio Puricelli). A lui rispondevano e rispondono un sacco di uomini. Una rete articolata, che manifestava la propria presenza alla maniera del Pdl, con cene king size ed eventi tutti lustrini e paillettes. Come la cena che viene organizzata ogni dicembre per il compleanno di Nino, che diventa occasione di autofinanziamento per il partito. Un evento da centinaia di invitati, a cui hanno sempre partecipato super ospiti.

Nel 2010, ad esempio, accanto ai vip locali, non hanno voluto mancare l’allora sottosegretario Daniela Santanché e il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti. Questo per dire che Caianiello è (o era) più di uno stratega di partito. Era un autentico dominus, capace di influenzare e indirizzare le scelte della politica. Oggi appare sempre di più come un signore caduto in disgrazia. Lo scorso anno la fortuna sembra avergli voltato le spalle. Prima il Pdl ha perso le elezioni nella sua roccaforte, Gallarate, dove sull’esito del voto ha pesato l’atteggiamento della Lega Nord, che non volle stringere alleanze proprio per via della sua presenza ingombrante. Poi nel mese di giugno è arrivata la condanna a un anno e quattro mesi per peculato (secondo l’accusa aveva utilizzato indebitamente il cellulare di Amsc, l’azienda municipalizzata che presiedeva, per effettuare telefonate e videochiamate a sfondo erotico). Due ingredienti che lo hanno portato a dover rinunciare a tutte le poltrone che occupava (nove in totale) e ai relativi ricchi compensi che riusciva ad intascare. Oggi una nuova pesante sentenza, che lo condanna in primo grado a cinque anni di reclusione, anche se lui si è sempre professato innocente, dichiarando a più riprese di non aver mai ricevuto denaro.

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