Il Santuario dei cetacei

La verità, si dice, prima o poi viene sempre a galla. Eppure per giorni la notizia della perdita di due semirimorchi con 198 bidoni contenenti rifiuti tossici, nel tratto di mare tra Gorgona ed il Banco di Santa Lucia, è stata fatta girare al largo. Per fare chiarezza e denunciare l’ennesimo incidente ambientale, oggi diverse centinaia di persone hanno manifestato all’ingresso del porto mediceo di Livorno. Dietro lo slogan “il mare non è una discarica” si sono raccolte le varie anime della protesta, che ha visto coinvolti partiti locali (Rifondazione Comunista, Sel, Idv, Verdi) e svariate sigle tra comitati ambientalisti (Cittadini Ecologisti, No al Rigassificatore, Legambiente, Greenpeace) e organizzazioni sindacali (Cobas, Unicobas, Usb).

“Siamo sorpresi e sconcertati dal ritardo nella comunicazione della notizia alla cittadinanza – ha detto Gabriele Volpi, dei Cittadini Ecologisti – è passato quasi un mese e questo non può che far nascere ulteriori perplessità”. La storia taciuta, seppur con diversi aspetti ancora da chiarire, è però stata ricostruita. La sera del 16 dicembre, il traghetto Venezia della compagnia Grimaldi salpa dal porto di Catania in direzione Genova. Trasporta container e due semirimorchi carichi di 224 bidoni contenenti catalizzatori Co/Mo, a base di monossido di cobalto e molibdeno. In pratica, una sostanza tossica usata nei passaggi di raffinazione del petrolio, provenienti dal petrolchimico di Priolo Gargallo, nel siracusano. Il traghetto è in viaggio nonostante l’allerta meteo della protezione civile, che annuncia l’arrivo di una burrasca. E il 17 dicembre le previsioni si avverano: forte vento di libeccio, viaggio travagliato. Alle 4 di notte, però, i verbali dell’ultima ispezione al carico non rivelano alcuna anomalia. La sorpresa arriva alle 7.30, orario dell’attracco a Genova: mancano all’appello due semirimorchi e il carico di bidoni è quasi totalmente disperso. Ne restano solo 26, mentre gli altri 198 – secondo i calcoli – sono stati persi nei fondali dell’arcipelago toscano.

“Anche se ci possono essere stati casi di rigetti volontari di materiali pericolosi di cui sospettiamo in tanti – ha spiegato Alessandro Gianni, direttore delle campagne Greenpeace – sembra dimostrato che in questo caso si tratti di un’incidente. La nave è arrivata a Genova in condizioni precarie”. Constatata la perdita del carico, il comandante sostiene di aver avvisato la Capitaneria di Porto, che risulta aver informato i pescatori e alcune istituzioni locali solo il 27 dicembre. Il 30 dicembre, poi, è stato convocato un vertice in prefettura a cui hanno preso parte rappresentati di Regione, Provincia, Arpat, Asl, Ispra e Istituto zooprofilattico di Pisa. Non il Comune di Livorno.

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“Ci sono stati dei ritardi difficili da spiegare – ha detto Gianni – ma la mia personale impressione è che neanche le autorità sappiano esattamente cosa sia successo. Uno dei pochi fatti acclarati è che è stato mandato un elicottero poco dopo il disastro, con l’intenzione di ritrovare qualcosa che galleggiasse. Non è stato ritrovato nulla, probabilmente perché questa roba non galleggiava. Perché allora mandare un elicottero quando sai di non trovare niente? A noi sono arrivate notizie che questi fusti erano vuoti e i materiali erano piuttosto alla rinfusa o quasi. Probabilmente le autorità si sono mosse secondo le informazioni del comandante. Ma è grave in questa situazione che le autorità abbiano una conoscenza precaria di un’area protetta come quella del Santuario dei Cetacei, dove dovrebbero esserci dei meccanismi di controllo e prevenzione elevati. Non ci saremmo aspettati ad esempio il passaggio di una nave con carichi pericolosi con le note condizioni di mare mosso”.

La magistratura ha aperto un’inchiesta sulla vicenda e il comandante è stato iscritto nel registro degli indagati per violazione delle norme che regolano il carico e il trasporto di rifiuti speciali. Silenzio, invece, da parte della compagnia Grimaldi, nonostante all’armatore sia stato ordinato di recuperare il carico. “La compagnia – spiega Sergio Nieri, responsabile dell’Associazione Sequenza e Cultura – sostiene di aver agito in conformità con le regole che disciplinano le condizioni di emergenza e di aver predisposto il recupero e lo smaltimento dei fusti, atti però condizionati al finanziamento delle operazioni. Una volta di più, il recupero di questi materiali pericolosi per la salute è sottoposto alla condizione sospensiva della reperibilità del finanziamento istituzionale”.

Anche esponenti della maggioranza hanno partecipato alla manifestazione. “Occorre essere chiari – ha detto il consigliere Idv, Andrea Romano – ci sono poche speranze che i bidoni vengano ritrovati. Ho più fiducia in un risveglio cittadino che vada ad ostacolare l’imminente costruzione del rigassificatore. Non possiamo più permetterci di giocare alla roulette russa sul nostro territorio”. Un intervento che ancora una volta accresce la distanza con gli alleati del Partito Democratico locale, che spingono sul rigassificatore e con cui l’intesa su questioni energetiche e ambientali è ai minimi storici.

E a concludere gli interventi della giornata è stata proprio Arianna Terreni del Pd. “La maggioranza si è fatta carico di portare l’istanza ai massimi livelli istituzionali. Anche noi vogliamo chiarezza”. Parole subissate dai fischi. La vicenda ha evidenziato la scarsa interazione con la cittadinanza, per cui la credibilità delle istituzioni al momento è abissata nei fondali al pari dei bidoni tossici.

di Alessandro Doranti

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