Ad alcune settimane dalla ripresa del programma nucleare cinese, interrotto temporaneamente in seguito alla tragedia di Fukushima, WikiLeaks rivela come Pechino stia “ampiamente aumentando” i rischi di provocare un futuro incidente atomico. Nella costruzione dei sui numerosi impianti, infatti, il gigante asiatico starebbe optando per una tecnologia made in China di scarsa qualità e soprattutto molto datata. Il documento di WikiLeaks (pubblicato la scorsa settimana e risalente al 2008) rivela inoltre grandi intrighi fra le varie lobby, anche governative, molto interessate al business dell’atomo, in fortissima espansione, ma poco inclini alla trasparenza: infatti c’è massima segretezza sulle contrattazioni sulla costruzione delle nuove centrali. Un problema che non si limita al nucleare, ma che interessa anche l’inquinamento atmosferico. Da anni il governo cinese mantiene segreti i dati relativi alle emissioni di alcune sostanze inquinanti, per timore delle conseguenze politiche ed economiche.

Nell’agosto del 2008 l’ambasciata americana di Pechino sapeva già che la Cina aveva intenzione di costruire dalle 50 alle 60 nuove centrali atomiche entro il 2020: un obiettivo che oggi è addirittura cresciuto. Il problema principale, per la diplomazia statunitense, è che a Pechino si è deciso di privilegiare gli impianti del tipo CPR-1000. Reattori che, a differenza dei nuovi AP-1000 della Westinghouse (non a caso una compagnia americana), sembrano essere decisamente meno sicuri. Una scelta estremamente rischiosa, rivela un cable datato 7 agosto 2008: “Bypassando la tecnologia della sicurezza passiva degli AP-1000, che, secondo la Westinghouse, è cento volte più sicuro dei CPR-1000, la Cina sta ampiamente aumentando il rischio aggregato del suo parco nucleare”.

La “sicurezza passiva” consiste nella capacità di un reattore di arrestarsi automaticamente in caso di incidente senza l’intervento umano. Che, in casi di emergenza, può rivelarsi insufficiente o inadeguato. Il governo cinese ha risposto a queste osservazioni affermando che la tecnologia dei CPR è stata migliorata, riconoscendo però che è ancora meno sicura di quella dei reattori di “nuova generazione”. Tant’è che gli esperti cinesi stanno cercando di raggiungere standard di sicurezza più elevati dato che nel 2020 gli impianti della Repubblica popolare saranno più numerosi di tutti quelli del mondo messi insieme.

Del resto, anche dalla Cina stessa iniziano a levarsi delle preoccupazioni. In particolare dalla comunità scientifica, spesso riluttante a criticare le decisioni del governo per paura di perdere fondi destinati alla ricerca. Il Professor He Zuoxiu ex impiegato del Dipartimento di Propaganda del Partito Comunista e noto per avere a suo tempo collaborato allo sviluppo della prima bomba atomica cinese, in un articolo scritto a maggio per la rivista Science Times si chiedeva: “Siamo veramente pronti per questa vertiginosa velocità nello sviluppo dell’energia nucleare?”. Rispondendosi da solo: “Io credo di no. Siamo seriamente impreparati. Soprattutto sul fronte della sicurezza”.

Secondo le rivelazioni di WikiLeaks, l’emergenza non si limita al nucleare. La situazione infatti non migliora se si considera l’inquinamento atmosferico. Per il consolato Usa di , infatti, la Cina avrebbe omesso, a partire dal 2006, di misurare le peggiori forme di inquinamento atmosferico per paura delle conseguenze politiche ed economiche. Descritta come particolarmente “allarmante” la questione relativa ai pm2.5 (particelle inquinanti estremamente fini, causa di varie malattie e morti premature), fino a dieci volte superiori ai limiti suggeriti dall’Oms.

Queste nanopolveri non compaiono nemmeno sulla lista degli inquinanti atmosferici del governo. Anche l’ozono, altro pericoloso inquinante, è stato omesso dalla lista in questione. Ma mentre i media statali assicurano che ne verrà stilata presto una nuova, nei file pubblicati dal gruppo di Julian Assange si legge che anche “coloro che fanno pressioni per l’inclusione [di pm2.5 ed ozono] in un registro di sostanze dannose hanno riconosciuto che gli attuali livelli di inquinamento sono talmente al di sopra dei livelli accettabili”, al punto da creare una situazione “politicamente difficile”.

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