La decisione della Danimarca di reintrodurre i controlli alla frontiera sud con la Germania rischia non solo di minare i rapporti con Berlino ma di assestare l’ennesimo colpo allo spazio di libera circolazione di Schengen. Ma Copenaghen non vuole sentire ragioni: i lavori di costruzione di nuovi caselli sono già iniziati. Dopo mesi di critiche da parte di Francia e Italia in seguito all’esodo di nordafricani in fuga da Tunisia e Libia nei mesi scorsi, il trattato di Schengen si trova ancora sotto attacco.

“La Danimarca aspetti il parere definitivo di Bruxelles”, si legge in una secca nota del governo tedesco. “Non c’è nessuna ragione di instaurare un nuovo sistema di controllo alla frontiera che non fa altro che sollevare dubbi sulla sua compatibilità con il trattato di Schengen”. Ma da Copenaghen sono già partite le prime 50 guardie di frontiera, 40 delle quali destinate a pattugliare proprio il confine sud con la Germania. Le restanti 10 andranno a nord, sul ponte Oresund e nel porto Helsingor, i due collegamenti con la Svezia. Secondo la Danimarca le nuove misure serviranno solo a frenare l’importazione illegale di armi e stupefacenti, e non comporteranno nessun controllo a tappeto dei i viaggiatori che attraverseranno il confine.

Una risposta che non ha convinto nemmeno Bruxelles, che nella decisione di Copenaghen ci vede solo un tentativo di indebolire Schengen al confine danese. “Sappiamo bene quanto possa essere facile cadere nell’estremismo, nel populismo e in qualche caso anche nella xenofobia. Ma dobbiamo assolutamente resistere a queste pericolose tentazioni”, aveva detto lo scorso maggio il Presidente della Commissione europea José Manuel Barroso, raramente così severo nel condannare un provvedimento nazionale. Gli aveva fatto eco la commissaria Ue Affari interni Cecilia Malmström, che in occasione del summit tra i ministri degli Interni del 12 maggio aveva richiamato alla “serietà” quanti stavano cedendo a derive populiste in tema di immigrazione.

La decisione di reintrodurre e rafforzare i controlli alla frontiera da parte della Danimarca è frutto di un accordo tra la coalizione di maggioranza composta da liberali e conservatori e il partito anti immigrazione Dansk Folkeparti (DF) guidato dalla carismatica Pia Kjærsgaard. L’approvazione di queste misure costituiscono la moneta di scambio per l’appoggio del DF ad importanti e impopolari misure economiche che il governo dovrà prendere nei prossimi mesi, tra cui la spinosa questione dell’età pensionabile. «Abbiamo subito un inaccettabile exploit di violenza e di criminalità organizzata soprattutto da parte di chi viene da oltre confine, una situazione che non è più accettabile», ha dichiarato il ministro danese alla Finanza Claus Hjort Frederiksen.

Secondo statistiche Eurostat del 2009, la Danimarca su una popolazione di 5 milioni e mezzo di abitanti conta circa 320mila non danesi (5,8%), dei quali 108mila cittadini Ue (2%) e 211mila non-Ue (3,8%). Una percentuale nettamente inferiore alla Spagna (12%), Germania (8,8%), Regno Unito (6,8%) e alla stessa Italia (6,5%). Il provvedimento di Copenaghen rischia di colpire maggiormente i cittadini Ue, in primis bulgari e rumeni, che l’intera Europa, sotto la pressione franco-tedesca, sta facendo di tutto per mantenere fuori dallo spazio di libera circolazione di Schengen.

Dopo l’allarme lanciato in questi giorni da Berlino, è più che presumibile un maggior interessamento da parte di Bruxelles, che potrebbe mandare una seconda squadra di ispettori a verificare la portata delle misure introdotte sul confine danese. Proprio la Danimarca ricoprirà la Presidenza semestrale di turno dell’Ue dal primo gennaio 2012, una casualità che oltre a causare qualche imbarazzo potrebbe riaprire per l’ennesima volta le discussioni sulla modifica del trattato di Schengen.

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