“Penso che in Italia ci sia un Grande Sonno, un grande rincoglionimento”. Luna, 29 anni, da quattro vive in Spagna e lavora come fotografa. Lavora pagata, perché come dice lei, “qui quando ti pubblicano un servizio lo pagano”. E questo, paradossalmente, non è poco. Perché Luna prima ha abitato a Bologna e Roma dove non era così. Luna partecipa a “Lo Sbarco” la nave dei diritti che parte oggi da Barcellona per approdare domani a Genova. Dove per tutta la domenica si discuterà di problemi concreti che cambiano l’esistenza delle persone: il lavoro, la scuola, la legalità, la cultura, la cittadinanza, la parità dei diritti.  Questioni che la politica dovrebbe affrontare,  ma che, secondo lei, vengono ignorate.

“Ma anche noi italiani”, spiega, “ abbiamo le nostre responsabilità.  Ci si dimentica che ogni nazione è fatta dai cittadini non dai pochi politici che la governano. Sono i cittadini che devono volersi impegnare per cambiare le cose. Il problema è prima nella società civile, tra i cittadini”. Se si possono approvare certe leggi, smantellare lo Stato è grazie all’indifferenza di molti, che non si accorgono che poi saranno anche loro a portarne il peso. “Qui è diverso “, continua, “Se un servizio pubblico viene tolto o gestito male qui si agisce. In Italia si dice “lasciamolo fare agli altri”. Bisogna essere vigili e impegnarsi a partire dal basso”. Allora, Luna, perché non torni? “A 18 anni mi sono trovata davanti alla scelta se andare via da Napoli o restare. Sono andata via, anche per curiosità, ma poi quando ti accorgi che fuori ti riconoscono dei diritti che in Italia non hai, non puoi più tornare. Ad esempio, io che sto con la mia compagna Sara, qui vivo serena. In Italia non avrei mai potuto farlo. Eppure si può fare a Parigi, Berlino, Stoccolma, in tutti i Paesi civili insomma. Se ti vengono a mancare dei diritti e non puoi vivere, allora li vai a cercare altrove e resti dove ti viene data questa possibilità”.

Dario pensa invece che abbia un senso rientrare solo se in Italia le cose inizieranno a cambiare. Lui ha 26 anni ed è a Barcellona per studiare cinema: “È assurdo che non lo si possa fare in Pese come il nostro. Da noi, di fatto, esiste solo la Scuola Nazionale di Cinema di Roma, ma le hanno tagliato i fondi e i criteri di accesso sono tutt’altro che chiari. Adesso sull’ esperienza de “Lo Sbarco”stiamo facendo un documentario. Lo abbiamo seguito fin dagli inizi e c’è una energia forte che abbiamo ritrovato anche nel sostegno di tanti gruppi in Italia e di italiani in Europa. Spero che “Lo Sbarco” crei una rete per un rinnovamento culturale e una resistenza civile”.

Andrea è un maestro elementare. Ha vissuto quarant’anni a Milano e da qualche anno è anche lui Barcellona. Osserva che, i problemi reali dell’Italia si percepiscono da dati indicativi del benessere della popolazione. “Io lavoro a scuola”, spiega Andrea “qui ci sono tante famiglie con 3 figli. Questo ti dà l’idea di una energia che non è solo una questione economica ma anche di prospettive di qualità della vita. “Lo Sbarco” nasce con i movimenti per la Scuola contro la riforma Gelmini. Il timore è che prima o poi arrivino anche qua queste riforme. Oggi, con la nave, il tema della scuola è solo una parte dei problemi da affrontare”.
Andrea parla anche della legge sul tetto massimo di bambini stranieri nelle scuole elementari e chiarisce: “E’ un problema reale, che andrebbe affrontato seriamente. E’ fondamentale garantire l’educazione in scuole con tanti stranieri e, allo stesso tempo, è difficile. Si devono analizzare le questioni con professionalità, non si risolve così, con una propaganda demagogica. Nelle situazioni peggiori, si devono creare le condizioni migliori per lavorare. In Italia i problemi reali vengono subissati da fatterelli di cronaca con titoli di giornali a caratteri cubitali”.
Il movimento poi ha rivolto l’attenzione sulla condizione generare dell’Italia oggi. “Crediamo che l’Italia sia davvero un’anomalia” continua Andrea ,“Lo Sbarco”, come azione preventiva a livello europeo. La società si cambia contemporaneamente dall’alto al basso. Il messaggio deve essere anche culturale. Ci hanno minato dentro. Serve una ribellione etica”.

Li sostengono nomi importanti, intellettuali e artisti di spessore, ma il senso di quello che manca, dei diritti che i cittadini italiani non hanno, sta tutto nelle loro parole. Nel cambiamento delle loro vite, fuori dall’ Italia. Il loro ritorno vuole significare che le opportunità si devono creare anche qui. La nostra società civile deve essere vigile attenta e avere il coraggio di cambiare. Buon viaggio. Vi aspettiamo. Ci troverete pronti.

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