Se il referendum sull’indipendenza del Kurdistan non sarà cancellato ci saranno “gravi conseguenze” e “nuove crisi”. È il monito lanciato dal portavoce del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. A due giorni dal voto, è stato intanto aumentato il livello delle esercitazioni militari che le forze armate turche stanno svolgendo dal 18 settembre vicino al confine iracheno. Lo ha riferito il sito del quotidiano Hurriyet, citando fonti militari. Da possibili sanzioni economiche e diplomatiche fino a un intervento militare, Ankara lascia sul tavolo tutte le opzioni per opporsi a una consultazione da cui teme anche un contagio in casa. L’ultima cosa che Erdogan vuole è un esito positivo del referendum per l’indipendenza dei curdi in Iraq, con la possibilità di vedere alimentato l’irredentismo curdo dentro i suoi stessi confini.

Che la consultazione si terrà, a questo punto sembra però inevitabile. Lo ha ribadito in un comizio a Erbil anche il presidente curdo-iracheno, Massud Barzani, spiegando che “ormai è troppo tardi” per tirarsi indietro. È un “passo verso un futuro migliore”, ha detto all’Adnkronos International il ministro degli Esteri curdo, Falah Mustafa. “Il 25 settembre sarà per i cittadini curdi un’opportunità per esprimere la loro volontà e la loro visione per il futuro“, ha dichiarato il capo della diplomazia. Secondo Mustafa, una eventuale vittoria dei ‘Sì’ darà alla leadership curda “un mandato per negoziare con Baghdad e stabilire una partnership dopo la separazione“. “Come ogni altra Nazione indipendente, il popolo del Kurdistan aspetta con ansia il giorno in cui dichiarerà la propria indipendenza”, ha concluso.

Nella regione sono finora giunti 136 team di osservatori e 35 osservatori individuali, come ha confermato la portavoce della commissione elettorale, Sherwan Zrar. Inoltre i primi curdi residenti all’estero hanno già cominciato a votare: “Le operazioni si svolgono online e proseguiranno per tre giorni”, ha chiarito la stessa Zrar. Il referendum è previsto invece per lunedì nelle aree del Kurdistan, del governatorato di Kirkuk e in alcune parti di quello di Ninive.

“Se non viene cancellato ci saranno gravi conseguenze. Erbil dovrebbe immediatamente correggere questo grave errore che innescherà nuove crisi nella regione”, ha dichiarato su Twitter il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin. Secondo le fonti militari turche citate da Hurriyet, ora le esercitazioni nella provincia di Silopi sono state portate al “secondo livello“. Rientrano ufficialmente “nelle operazioni anti-terrorismo” che la Turchia effettua nella zona di confine. Secondo l’agenzia di stampa turca Dogan, alle manovre partecipano circa 100 mezzi militari, carri armati compresi.

Il Kurdistan è una nazione che risiede in un vasto altopiano situato tra Turchia, Iraq, Siria e Iran, ma non è riconosciuta come uno Stato indipendente. Da qui il referendum per chiedere l’indipendenza dall’Iraq. E Ankara teme lo scoppio di moti irredentisti tra i curdi turchi in seguito a un esito positivo della consultazione. Per questo ha promesso una reazione, che potrebbe arrivare anche in coordinamento con Iran e Iraq, come suggerito dopo l’incontro tra i rispettivi ministri degli Esteri a margine dell’Assemblea generale dell’Onu a New York. Del resto, gli appelli a rinunciare a un voto ritenuto destabilizzante continuano in queste ore anche da diverse cancellerie occidentali, compresi gli Stati Uniti, alleati chiave del governo di Erbil.

Intanto il governo di Erdogan prepara una mozione che permetterà alle forze armate di “intervenire contro qualsiasi sviluppo che vada contro il nostro Paese e minacci la nostra sicurezza nazionale“. Quindi, ha sottolineato il premier Binali Yildirim, anche di “inviare truppe” oltreconfine.

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