La libertà di stampa in Italia è migliorata, ma i giornalisti nel nostro Paese continuano a essere “minacciati dalla criminalità organizzata” e, in più, subiscono intimidazioni da “politici come Beppe Grillo, del Movimento 5 stelle, che non ha esitato a rendere pubblica l’identità dei cronisti che lo infastidiscono“. Questa la valutazione di Reporters sans Frontieres nella sua classifica annuale sulla libertà di stampa, in cui l’Italia ha guadagnato 25 posizioni, passando dal 77esimo del 2016 al 52esimo posto.

Un miglioramento, spiega l’organizzazione in difesa dei giornalisti, dovuto in particolare “all’assoluzione di diversi giornalisti, tra cui i due che sono stati processati nel caso Vatileaks“, ma che non deve far dimenticare come nel nostro Paese “sei giornalisti siano ancora sotto la protezione della polizia dopo le minacce di morte subite dalla mafia o da altri gruppi criminali”. Reporters sans Frontières avverte che, nonostante il balzo in avanti in classifica, rimangono ancora molti problemi nell’informazione italiana.

Infatti, come si legge nel capitolo del rapporto dedicato all’Italia, “il livello di violenze contro i reporter (intimidazioni verbali o fisiche, provocazioni e minacce) è molto preoccupante, e alcuni responsabili politici – come Beppe Grillo del Movimento 5 Stelle – non esitano a comunicare pubblicamente l’identità dei giornalisti che gli danno fastidio”. “I giornalisti – scrive ancora Rsf – subiscono pressioni da parte dei politici ed optano sempre più per l’autocensura“. Il rapporto cita anche il ddl diffamazione, ancora fermo al Senato, che nelle intenzioni dovrebbe portare all’effettiva cancellazione del carcere per i giornalisti e all’introduzione di sanzioni pecuniarie efficaci per chi fa ricorso alle querele temerarie.

Guardando al resto del mondo, mai la libertà di stampa “è stata così minacciata“, secondo il rapporto 2017 dell’organizzazione. La situazione viene definita “difficile” o “molto grave” in 72 paesi, fra cui Cina, Russia, India, quasi tutto il Medio Oriente, l’Asia centrale e l’America centrale, oltre che in due terzi dell’Africa. Ventuno i paesi classificati come “neri”, in cui la situazione della libertà di stampa è “molto grave”: fra questi Burundi, Egitto e Bahrein. Ultima assoluta, come sempre negli ultimi anni, la Corea del Nord, preceduta da Turkmenistan ed Eritrea. Male anche Messico e Turchia. In testa alla classifica rimangono invece i paesi del Nord Europa: la Finlandia ha ceduto il primo posto che deteneva da 6 anni alla Norvegia, a causa di “pressioni politiche e conflitti d’interesse”.

Il report è stato accolto con entusiasmo dalla campagna Riparte il futuro che, nello specifico, ha sottolineato come l’avanzamento in classifica sia avvenuto proprio nell’anno in cui è stato approvato in Italia il FOIA, il Freedom of Information Act: “E’ importante”, ha detto il responsabile Federico Anghelé in una nota, “che questo avanzamento del nostro Paese riguardi l’anno in cui è stato introdotto in Italia il FOIA. L’accesso agli atti è un’arma straordinaria in mano ai giornalisti (e ai cittadini) per permettere loro di condurre battaglie di informazione libera. Questo provvedimento, sulla carta, ha avvicinato l’Italia agli oltre 90 Paesi del mondo che già avevano adottato un accesso libero ai dati detenuti dalle pubbliche amministrazioni”.

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