Scrittori, giornalisti, attori, registi, musicisti. Tutti insieme sul palco del teatro Italia, a Roma, nella serata evento del Fatto Quotidiano per dire la loro in difesa della Costituzione contro la riforma voluta dal governo Renzi. “Una situazione paradossale. C’è un premier che non è stato eletto da nessuno, sostenuto da un parlamento incostituzionale che ha modificato la Costituzione. Non ci stupisce: il suo modello è Sergio Marchionne, che ha portato la Fiat all’estero”. In piedi tra il pubblico in platea Maurizio Landini apre così la serie di interventi, prima che dal palco Sabrina Ferilli si rivolga con nostalgia a un’icona della Sinistra con la “esse” maiuscola: “Caro Enrico – è il saluto che in una lettera immaginaria l’attrice romana rivolge a Enrico Berlinguer – il tradimento della Costituzione non viene dai partiti in generale, ma di quello che si definisce democratico e di sinistra“.

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“La riunione di stasera sancisce il fatto che il tentativo messo in atto da qualcuno di impadronirsi della Costituzione è fallito – ha spiegato il costituzionalista Stefano Rodotà, in piedi in platea, mentre qualcuno dal pubblico lo chiamava “presidente” – un tentativo condotto con grande aggressività dal presidente del Consiglio. Un’aggressività che, è evidente, non gli sta facendo bene, e che a noi che siamo qui stasera a difesa della Carta non appartiene. Il dato di novità è che i cittadini si sono riconosciuti nella Costituzione. Si è avuto, dunque, un effetto.

“La Costituzione è il documento politico più bello che sia mai stato scritto in tutta la storia d’Italia – esordisce nel suo intervento Erri De Luca – fu scritta da grandi persone, grandi per la loro biografia, gente che aveva resistito al fascismo. Ora invece quelle che vogliono cambiarla sono persone piccole“. Quali sono queste persone? “Da noi è in carico per la terza volta in una legislatura un terzo governo non eletto – spiega lo scrittore – scelto da un ex presidente giocoliere. Per cambiare la Costituzione bisognerebbe aspettare una nuova legislatura e un nuovo Parlamento, che avrebbe titolo, perché questo non ne ha”.

“Sono solo un giornalista – spiega al pubblico Peter Gomez, direttore de IlFattoQuotidiano.it– quando decisi di fare il giornalista non volevo cambiare il mondo. Se avessi voluto cambiare il mondo, avrei fatto un altro mestiere. Il mondo lo volevo raccontare e proprio perché faccio il giornalista ho trovato che fosse giusto dichiararmi. Volevo che chi mi leggeva sapesse come la pensavo. E penso che un Parlamento formato di nominati non potrà svolgere la sua funzione di controllo nei confronti del governo. Questa Italia mi è stata data in eredità da mia figlia che ha 11 anni. Sento il dovere di non lasciargliela peggiore“.
boomerang. I cittadini, quindi, hanno dimostrato di volere che la Carta rimanga terreno comune“.

Carlo Freccero pone l’accento sulla vocazione economica del governo che vuole modificare la Costituzione: “Questo referendum ripropone gli stessi argomenti che gli italiani avevano bocciato nel 2006. Domanda: perché dovremmo aver cambiato idea? – è il quesito retorico posto dal dirigente televisivo, membro della Commissione Vigilanza della Rai – vorrei domandarlo a tanti membri del Pd che tacciano oggi l’opposizione di accozzaglia. E’ lì che c’è il problema: nel 2007 nasce il Pd e si scaglia dalle parte delle multinazionali e delle banche. Il Partito di sinistra si mette dalla parte dei poteri forti. Così si pone di fronte al suo elettorato in ragione del vantaggio economico. Oggi l’argomento del Pd sul referendum è quello del risparmio economico. Non si rivolge a noi come cittadini pensanti, ma come consumatori“.

“Io domenica voterò No – dichiara Salvatore Settis, il decano degli storici dell’arte italiani – perché questo governo si è autoproclamato ‘costituente‘, quando invece se si riforma la Costituzione i banchi del governo dovrebbero essere vuoti. Voterò no perché interpreta questo voto come un plebiscito per il suo governo. Perché questa riforma riduce gli spazi di democrazia, perché il Senato non è più eletto, perché questo testo tende all’abolizione dell’elettore, perché questa nuova Costituzione non pensa ai grandi problemi del Paese, il lavoro, la corruzione, l’evasione fiscale. Ma anche perché nella relazione preliminare della riforma, firmata dallo stesso Matteo Renzi, si dice che c’è l’esigenza di adeguare l’ordinamento del Paese alla governance europea. Il che vuol dire austerità“.

Ad aprire la serata al teatro Italia di Roma erano saliti sul palco Gianna Nannini con il suo brano “America” eseguito in acustico, e i comici Ficarra e Picone: “Siamo venuti a presentare la festa del No perché quelli del Sì non ci hanno voluti – ha detto Ficarra – gli abbiamo detto: ‘ma voi non la fate una festa?’. Chi hanno risposto: ‘Andiamo tutti a casa di De Luca, tutto il Pd tranne la Bindi’”.


All’appello lanciato all’inizio di ottobre da Antonio Padellaro e Marco Travaglio su questo giornale hanno risposto in tanti, schierandosi senza esitazione dalla parte della nostra Carta costituzionale. Sul palco0 gli scrittori Alessandro Bergonzoni, Erri De Luca, l’antropologa Amalia Signorelli, il critico d’arte Tomaso Montanari e Moni Ovadia, gli attori Sabrina Ferilli, Ficarra e Picone, Sabina Guzzanti, Lucrezia Lante della Rovere, Giorgia Salari, Bebo Storti, Monica Guerritore, Ivano Marescotti, Giordano De Plano, Claudio Gioè. Poi ancora la Sora Cesira, i musicisti J-Ax, Piero Pelù, Dado, la direttrice d’orchestra Gianna Fratta. Ci sarà Stefano Rodotà, l’avvocato e agguerrita esponente del Comitato nazionale per il No, Anna Falcone, l’autore televisivo e componente del Consiglio vigilanza Rai Carlo Freccero, il segretario della Fiom Cgil Maurizio Landini, il giornalista e scrittore Andrea Scanzi. E naturalmente gli stessi Antonio Padellaro e Marco Travaglio, direttore del Fatto che insieme a Giorgia Salari ha replicato al pubblico del Teatro Italia qualche pillola dello spettacolo Perché No. Tutte le bugie sul referendum.

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