L’Italia nel 2017 spenderà per le forze armate almeno 23,4 miliardi di euro (64 milioni al giorno), più di quanto previsto. Quasi un quarto della spesa, 5,6 miliardi (+10 per cento rispetto al 2016) andrà in nuovi armamenti (altri sette F-35, una seconda portaerei, nuovi carri armati ed elicotteri da attacco) pagati in maggioranza dal ministero dello Sviluppo economico, che il prossimo anno destinerà al comparto difesa l’86 per cento dei suoi investimenti a sostegno dell’industria italiana. Nell’ultimo decennio le spese militari italiane sono cresciute del 21 per cento – del 4,3 per cento in valori reali – salendo dall’1,2 all’1,4 per cento del pil.

Mil€x: “Più trasparenza e controllo democratico”
Sono alcune delle anticipazioni del primo rapporto annuale di Mil€x, il neonato Osservatorio sulle spese militari italiane, presentate mercoledì alla Camera dai due promotori del progetto ed esperti in materia, il giornalista (e collaboratore del Fatto) Enrico Piovesana e il ricercatore Francesco Vignarca. Il rapporto integrale sarà pubblicato a gennaio, dopo l’approvazione degli stanziamenti definitivi nella Legge di Bilancio. “Mil€x – spiegano i suoi fondatori – è un’iniziativa indipendente, lanciata con la collaborazione del Movimento Nonviolento di Capitini e finanziata da donazioni private, ispirata a princìpi di neutralità politica e obiettività scientifica. Pur riconoscendo la necessità di mantenere un adeguato livello di prontezza ed efficienza dello strumento militare, è necessaria una maggiore trasparenza e un più attento controllo democratico su questa delicata materia per scongiurare i rischi derivanti da un’eccessiva influenza della lobby militare-industriale, a suo tempo denunciati dal generale e presidente americano Dwight Eisenhower”. Rischi molto concreti nel nostro Paese, stando alle informazioni fornite da Mil€x.

Realtà e propaganda: nessun taglio alle spese militari
Il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha dichiarato che negli ultimi dieci anni la difesa ha subito un taglio del 27 per cento e che quindi nuove riduzioni sono impensabili ed è anzi il momento di maggiori investimenti. I dati del bilancio del suo stesso ministero la smentiscono, mostrando un aumento degli stanziamenti dell’11 per cento (con un calo del 4 per cento in termini di valore reale causa inflazione) e un invariato rapporto bilancio Difesa/pil, indice della volontà politica di destinare alla Difesa una quota costante della ricchezza nazionale. Per il 2017 (al netto del mezzo miliardo in più per l’accorpamento della Forestale ai Carabinieri) il budget previsionale provvisorio della Difesa è di 19,8 miliardi, più dei 19,3 previsti nei documenti programmatici governativi dell’anno scorso, cui vanno aggiunte tutte le spese militari che non rientrano nel bilancio del ministero della Difesa.

Le voci “extra-bilancio” della spesa militare italiana
Mil€x ha elaborato una nuova e accurata metodologia di calcolo delle spese militari italiane, togliendo dal conteggio le spese della Difesa per funzioni non militari (Carabinieri in funzione di ordine pubblico e tutela ambientale, considerando solo i Carabinieri in funzione di polizia militare e quelli che partecipano alle missioni militari: -3,5 miliardi) e aggiungendo quelle per le privilegiate pensioni del personale militare a riposo pagate dall’Inps (+1,8 miliardi al netto dei contributi versati dalla Difesa), quelle per le missioni militari all’estero a in patria pagate dal ministero dell’Economia e delle finanze (+1,4 miliardi, compresa l’operazione Strade Sicure il cui costo è salito da 80 a 120 milioni) e soprattutto quelle dei nuovi armamenti pagati dal ministero dello Sviluppo economico (+3,4 miliardi). Il totale diventa così 23,4 miliardi per il 2017 (cifra provvisoria, la definitiva sarà quasi certamente maggiore), pari a 64 milioni di euro al giorno, 2,7 milioni di euro all’ora, 45mila euro al minuto.

Procurement sproporzionato rispetto alle esigenze
Nel 2017 un quarto della spesa militare totale (24 per cento) è destinata all’acquisto di nuovi armamenti: 5,6 miliardi tra Difesa e Mise, +10 per cento rispetto al 2016. Una cifra enorme (15 milioni al giorno) frutto di un procurement distorto da logiche industrial-commerciali (sostegno pubblico alla produzione e promozione dell’export, come nel recente caso dai carri armati Centauro 2 e dei nuovi elicotteri da attacco Mangusta) slegate dalle reali esigenze strategico-operative dello strumento militare. Commesse sproporzionate, giustificate dalla Difesa gonfiando le necessità (come nel caso del numero degli aerei da sostituite con gli F-35 o delle navi da rimpiazzare con le nuove previste dalla Legge Navale), esagerando i benefici economici e occupazionali (come nel caso del programma F-35) e ricorrendo alla retorica del ‘dual use’ militare-civile (come nel caso della nuova portaerei Trieste presentata come nave umanitaria, e delle fregate Fremm 2 presentate come unità per soccorso profughi e tutela ambientale). A proposito del programma F-35, per cui il budget non è stato dimezzato come chiesto dal Parlamento, ma è anzi salito a 13,5 miliardi, Mil€x anticipa che nel 2016 l’Italia ha firmato nuovi contratti riguardanti altri sette aerei (oltre agli otto già acquistati) e che quelli in versione da portaerei per l’Aeronautica formeranno un gruppo di volo imbarcabile sulla Trieste.

Spese tornano ad aumentare dopo la flessione post-crisi
In confronto al 2016 si registra un aumento dello 0,7 per cento a valori correnti (-0,3 per cento in termini reali) con un’impercettibile flessione nel rapporto spese militari/pil che rimane di poco inferiore all’1,4 per cento (flessione che potrebbe anche tramutarsi in incremento se il pil 2017 dovesse risultare inferiore a quello previsto dal governo). Rispetto al 2006 si registra un aumento del 20,8 per cento a valori correnti (del 4,3 per cento calcolando l’inflazione) e un aumento nel rapporto spese militari/pil dall’1,25 per cento del 2006 all’1,37 per cento del 2017. L’andamento storico mostra netta crescita fino alla recessione del 2009 con i governi Berlusconi III e Prodi II, calo costante negli anni post-crisi del quarto governo Berlusconi, nuova forte crescita con il governo Monti, flessione con Letta e nel primo anno del governo Renzi e nuovo aumento negli ultimi due anni.

Alti costi personale: troppi marescialli e poca truppa
Se si guarda alla composizione delle spese militari italiane, la parte del leone la fa sempre il costo del personale (9,5 miliardi, il 41 per cento del totale). Questo perché, spiega Mil€x, “nonostante la graduale contrazione del personale avviata con la riforma del 2012, il riequilibrio interno delle categorie a vantaggio della truppa e a svantaggio degli ufficiali, anch’esso previsto dalla riforma, sta procedendo con lentezza. Le forze armate italiane rimangono ancora caratterizzate da un numero maggiore di ‘comandanti’ (ufficiali e sottufficiali, soprattutto marescialli che sono ancora oltre 50mila) rispetto ai ‘comandati’ (graduati e truppa che sono ancora solo 81mila). Date le notevoli differenze retributive tra le categorie (generali e ammiragli: 172mila euro; marescialli: 42mila euro; graduati e truppa: 25mila euro), il quadro attuale (171 mila uomini) costa 1,2 miliardi in più rispetto a quello previsto dalla riforma (150mila uomini e giusto equilibrio interno delle categorie).

Boom di spese per ‘aerei blu’, colpa dell’ ‘Air Force Renzi’
Infine Mil€x segnala un notevole aumento di costi nel 2017 per il trasporto aereo di Stato (i cosiddetti ‘aerei blu‘) che sale a 25,9 milioni, con un incremento di quasi il 50 per cento rispetto ai 17,4 milioni del 2016. La quasi totalità di questa cifra, 23.503.075 euro, è il costo del nuovo Airbus A340 della Presidenza del Consiglio in forza al 31° stormo dell’Aeronautica Militare, utilizzato solo una volta in un anno per una missione di imprenditori italiani a Cuba, il cui costo totale per otto anni (2016-2023) risulta essere di 168,2 milioni tra noleggio e assicurazione più 55 milioni di carburante, per un totale di 223,2 milioni: 27,9 milioni in media all’anno.

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