“Ci hanno mandate via solo perché non conoscono, non capiscono le nostre storie”. Non c’è rancore nelle parole di Belinda, Joy e Faith, tre delle dodici profughe che erano a bordo della corriera diretta a Gorino, nel basso ferrarese. Alla notizia delle barricate erette dagli abitanti il loro autobus, partito dal centro di accoglienza di Bologna e arrivato ormai a Comacchio, ha deviato. E allora la stanchezza di un viaggio durato più di un mese ha lasciato spazio all’incredulità, al sentimento del rifiuto. “All’inizio non capivamo cosa stava succedendo, non credevamo che non ci volessero, ci siamo rimaste male quando abbiamo capito che la popolazione non ci voleva”.

Hanno gli sguardi bassi Belinda, Joy e Faith. Li alzano solo per guardare Kevin, l’interprete. Si vede che sono esauste. Non nascondo che sono impaurite. Sono sbarcate sulle coste italiane sabato notte. Un aereo le ha trasportate domenica mattina all’aeroporto Marconi di Bologna. Dopo la meta rifiutata, hanno trovato temporanea ospitalità nella sede dei servizi alla persona di Ferrara.

Joy ha 20 anni. Ha abbandonato il suo paese a fine settembre. È incinta all’ottavo mese. Di lei qualcuno, a Gorino, ha detto: “Non me ne frega un cazzo se è incinta, vada in questura” (video). È scappata dalla Nigeria perché lei, cristiana, non voleva seguire la religione animista di suo padre. Per il viaggio fino in Libia ha pagato circa 420 euro. Ora, qui in Italia, vorrebbe studiare e sogna per il suo bambino “il miglior futuro possibile“. E il futuro prossimo lo immagina con ‘lui’ in braccio: “preferirei fosse un maschio, lo vorrei chiamare Michael”. Durante la deviazione forzata verso Ferrara ha accusato dei dolori alla pancia. In ospedale ha effettuato tutte le visite di controllo che hanno scongiurato complicazioni nella gravidanza. Ora la sua preoccupazione è un’altra. Al momento della partenza dalla Libia ha perso di vista suo marito Lamid e ora non sa più niente del padre del suo bambino: “Aiutatemi ad avere notizie se potete”.

Belinda ha 22 anni, viene dalla Sierra Leone. Lavorava come infermiera. È fuggita perché il marito era perseguitato politico e quando è evaso di prigione “le autorità hanno cercato me per sapere dove si trovava, così ho dovuto abbandonare il mio paese”. Per il viaggio fino alla Libia ha pagato “circa 100 dollari”. Una volta arrivata però ha dovuto arrangiarsi e “trovare qualcuno che mi indicasse il posto da dove partono i barconi”.

Faith ha 20 anni. Ha lasciato il suo villaggio in Nigeria dopo essere scampata miracolosamente a un’incursione di Boko Haram. Ma la sua mente è ancora là: “Non so più nulla della mia famiglia, nemmeno se sono ancora vivi”. È scappata con altri profughi verso il Mali e da lì ha preso la via per la Libia. Qui ha trovato “un arabo che mi ha dato cibo e un posto dove dormire e mi ha aiutata a trovare chi poteva farmi attraversare il mare”. In Italia vorrebbe realizzare un piccolo sogno finora impossibile: “Vorrei poter studiare”.

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