Italia solo 29esima nella classifica delle economie più innovative diffusa a Ferragosto dalla Organizzazione mondiale per la proprietà intellettuale (Wipo, un’agenzia delle Nazioni Unite). Sul gradino più alto del podio si è invece confermata la Svizzera, seguita da Svezia e Regno Unito, che si scambiano le posizioni rispetto al 2015. E aggancia per la prima volta la top 25 la Cina. Resta indietro, appunto, la Penisola, preceduta anche dalla Spagna stando all’analisi basata su 82 indicatori. Dalla qualità delle istituzioni al capitale umano passando per la ricerca, le infrastrutture, i mercati e il mondo delle imprese. E va considerato che quindici dei primi venticinque posti della graduatoria sono occupati da Paesi europei.

L’Italia esce particolarmente male sul primo fronte: la dimensione istituzionale ci vede al 38esimo posto sui 128 Stati presi in considerazione. E siamo addirittura 48esimi per “efficacia delle politiche governative“. Male (siamo 36esimi) anche sul fronte Business sophistication, che tiene conto di fattori come la spesa delle aziende in ricerca e sviluppo e la percentuale di occupati ad alta specializzazione.

“L’Europa fa particolarmente bene dal punto di vista della performance ambientale, del numero di anni di scolarizzazione e dell’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione”, si legge nel rapporto, “allo stesso tempo, c’è spazio per il miglioramento nella ricerca e sviluppo finanziata dalle aziende e dalle imprese estere, nell’esportazione dell’high-tech e nella produzione di brevetti internazionali”.

Giunta alla sua nona edizione e pubblicata dalla Wipo insieme all’Institut européen d’administration des affaires e alla Cornell University, nel 2016 la classifica è stata stilata facendo la media tra due sotto indici: il primo riferito agli elementi dell’economia nazionale che presentano attività innovative e il secondo dedicato ai risultati raggiunti.

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