La morte di Giulio Regeni non è un caso isolato ma fa parte della “banalità del male” insita nel regime del presidente egiziano Abdel Fattah El Sisi. E’ questo il filone su cui si sviluppa il libro “Giulio Regeni. Le verità ignorate”. L’instant book, scritto dall’esperto di Islàm Lorenzo Declich – e pubblicato da Alegre – ripercorre la vicenda cercando di smontare i complottismi che hanno caratterizzato la copertura mediatica del caso da parte della stampa italiana. Oltre ai depistaggi delle autorità egiziane, il lavoro dell’autore mette assieme le ricostruzioni fantasiose sull’attività del ricercatore di Fiumicello nella capitale egiziana; come la sua collaborazione per Oxford Analitica, un think-tank britannico additato erroneamente da alcuni giornalisti italiani come un istituto vicino ai servizi segreti britannici.

“Molte di queste notizie hanno distolto l’attenzione pubblica sull’attuale repressione dei diritti umani egiziani che rende questo caso molto meno unico”, dice Declich a ilfattoquotidiano.it. Gli ultimi rapporti sulle violazioni dei diritti umani in Egitto pubblicati da Amnesty International – che ha lanciato la campagna #veitàpergiulioregeni – denunciano 1.176 casi di detenuti torturati in carcere e 500 sparizioni forzate solo nel 2015.

Numeri che rivelano la sanguinaria dittatura dell’ex generale El-Sisi salito al potere nel 2013 con un colpo di stato ai danni di Mohammed Morsi, primo unico e presidente eletto dei Fratelli Musulmani. “Ho pensato di scrivere un libro perché ho ritenuto opportuno fare chiarezza sulle cose dette con la convinzione che la situazione potrebbe non cambiare a breve”. Le indagini sul caso Regeni dalla parte egiziana si sono ormai arenate dopo numerosi depistaggi e dichiarazioni controverse dei magistrati egiziani.

La scarsa collaborazione delle autorità del Cairo con gli inquirenti italiani ha portato al ritiro dell’ambasciatore italiano Maurizio Massari. Una misura secondo l’autore “arrivata troppo tardi” anche a causa degli ottimi rapporti commerciali dell’Italia con il governo egiziano. A partire dalla presenza dell’Eni che lo scorso agosto con la scoperta del giacimento gasiero Zohr 1 ha potenziato i suoi affari con il Cairo.

“Il premier Matteo Renzi fu il primo a fare visita al presidente Sisi”, dice Declich. “Credo che i nostri rapporti economici abbiano abbassato l’attenzione sulle violazioni dei diritti umani in Egitto da parte dell’informazione italiana”. E l’”ignoranza dei media” – citando testualmente il titolo di un paragrafo del libro – è stata la ragione principale che ha fatto cercare “un movente” particolare che giustificasse l’omicidio e gli evidenti segni di tortura. “Chi conosce la situazione egiziana sa che quelle ferite sono una chiara firma del regime”, conclude Declich. Le pratiche di tortura, infatti, furono definite già nel 2011 da Human Rights Watch “endemiche” tra le forze di sicurezza.

Il caso esemplare è Khaled Said, il ragazzo ucciso dalla polizia nel dicembre del 2010 in un Internet cafè di Alessandria, diventato la scintilla e il simbolo della rivolta di piazza Tahrir. Come scrive Declich all’inizio del libro “Ad accomunare i due delitti c’è l’età, ma soprattutto il comune sentire delle vittime e – sono certo – la modalità dell’assassinio: la violenza cieca degli apparati dello Stato egiziano”.

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