I 1500 uomini che aveva mandato nella Repubblica Centrafricana hanno ucciso, stuprato e saccheggiato la popolazione locale. Lui non era fisicamente presente, ma “era al comando” e “riceveva informazioni quotidiane” che riferivano i crimini commessi dai soldati. E non ha fatto nulla per impedirli. A dare loro gli ordini era l’ex vice presidente della Repubblica democratica del Congo Jean-Pierre Bemba, che è stato condannato dalla Corte penale internazionale (Cpi) a 18 anni per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

La decisione arriva dopo la sentenza dello scorso 21 marzo, quando il tribunale dell’Aja aveva riconosciuto Bemba penalmente responsabile anche per le uccisioni, gli stupri di massa e i saccheggi commessi dalle sue milizie del Movimento per la Liberazione del Congo (MLC) durante un colpo di stato nella Repubblica Centrafricana tra il 2002 e il 2003.

Arrestato vicino a Bruxelles il 24 maggio del 2008, l’ex capo militare non si è mai dichiarato colpevole nel corso del processo che si è aperto nel novembre 2010. L’accusa aveva chiesto almeno 25 anni di carcere. Ieri i suoi avvocati hanno annunciato che faranno appello contro il verdetto della corte.

Un verdetto che sottolinea la crudeltà usata dai soldati, che hanno usato lo stupro come crimine di guerra, e raccoglie le testimonianze di vittime, alcune minori, violentate da decine di soldati. “Jean-Pierre Bemba non prese le misure necessarie a impedire ed evitare i crimini delle sue forze”, ha affermato la giudice Sylvia Steiner, che ha letto la sentenza.

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