Campagna elettorale al vetriolo in casa Lega. A Busto Arsizio, terra di mezzo tra la provincia e la città, alla vigilia delle primarie del centrodestra (previste per domenica 3 aprile) pare che i telefoni degli elettori abbiano iniziato a squillare e sui display si sarebbe materializzato il veleno digitale della fronda – pare tutta interna al Carroccio – contraria alla candidatura di Paola Reguzzoni. Lei è la sorella di quel Marco Reguzzoni, di stretta osservanza bossiana, che da giovane presidente della provincia di Varese scalò tutte le posizioni fino a diventare capogruppo alla Camera della Lega Nord, per cadere poi in disgrazia (politicamente, si intende) ai tempi del Cerchio magico e delle fratture interne al partito. Paola Reguzzoni, che a Busto Arsizio è assessore uscente alle Opere pubbliche, dovrà vedersela con Emanuele Antonelli (sostenuto da Forza Italia) e l’outsider centrista Eugenio Vignati.

Ed è proprio la leghista ad essere stata colpita dal fuoco amico. Le cronache locali riportano di un sms che invita a votare per Antonelli, perché la Reguzzoni “che di danni ne ha già fatti parecchi, in contrapposizione con Gianluca Castiglioni (il candidato del centrosinistra, ndr) perderebbe e consegnerebbe la città alla sinistra”. Insomma, un mal di pancia che potrebbe consegnare la candidatura a Forza Italia. Per buttare un po’ di acqua sul fuoco delle polemiche interne, sabato pomeriggio in città c’è stato il passaggio del segretario Matteo Salvini nel tentativo di ricompattare i suoi e tirare la volata alla Reguzzoni.

Anche nella vicina Gallarate la lettera di un ex militante leghista, tale Lorenzo Gervasini, sta alimentando polemiche attorno alla figura di Andrea Cassani, candidato di coalizione che si è presentato ufficialmente alla città proprio oggi. Il trentatreenne viene accusato di essere un mestierante della politica: “Fin dal 2010 è uno dei collaboratori a chiamata politica, pagato dal consiglio regionale” lavoro anche ha proseguito anche dopo l’elezione di Maroni, nel 2013: “Lo sta facendo ancora a 85mila euro l’anno”. Tutto lecito, si intende. Quella che viene contestata è l’opportunità politica di candidare una persona che non conosce le fatiche di tanti coetanei che non hanno avuto la strada spianata dalla politica. Nella lettera dell’ex militante furioso, si legge ancora: “Vorrei sapere se in caso di sconfitta Cassani rimarrebbe in consiglio comunale, lo vorrei sapere perché il suo incarico molto ben retribuito sarebbe comunque incompatibile”. Lui non si scompone: “Tutto quello che faccio è pubblico e assolutamente legale. Non conosco questo signore, né sono certo del fatto che la lettera sia farina del suo sacco. Se così fosse, lo invito a contattarmi, sarò felice di confrontarmi con lui” e sull’incompatibilità del suo impiego in regione Cassani taglia corto: “Chiaramente prima di candidarmi ho fatto le mie valutazioni. Le leggi le conosco anche io”.

Al di là dei malumori leghisti a stonare non è tanto il mestiere di Cassani, ma l’accordo che ha ricompattato sotto il suo nome la Lega e Forza Italia, partito dei veri ras di Gallarate. Cinque anni fa la coalizione si presentò disgregata in mille rivoli con la super candidata leghista Giovanna Bianchi (all’epoca consigliere Rai) impegnata ad attaccare il Pdl al grido di “Fuori la mafia da Gallarate”. Una lotta all’ultimo sangue che consegnò la città al centrosinistra di Edoardo Guenzani, oggi ricandidato con la stessa coalizione. Il tempo lava dunque tutte le offese: “Da un anno e mezzo stiamo lavorando assieme alle altre forze della coalizione – spiega il candidato -, il percorso più giusto da fare era correre assieme. Tutto il centrodestra ha da imparare dagli errori del passato. Le divisioni del passato, che non neghiamo, ci hanno relegato ad un ruolo marginale, con risultati pessimi per la città”. Allora, bisogna dedurre che la “mafia” evocata nel 2011, non sia più a Gallarate: “I gruppi dirigenti dei partiti della coalizione sono tutti cambiati. Quello che ci unisce oggi è più forte di quello che ci divideva nel passato”.

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