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Improvvisate babygang con aspirazioni da clan come la ribattezzata ‘paranza dei bimbi’ di Forcella che tentano il grande salto. Elemento comune è il trasgredire le ‘regole’, impera l’anarchia criminale, c’è la pericolosa babele del tutti contro tutti. E’ un cocktail esplosivo – in pieno stile gomorra – che ha fatto ripiombare Napoli ed i comuni limitrofi nell’inferno dei morti ammazzati, delle esecuzioni esemplari, dei ferimenti e delle plateali azioni dimostrative. Un conflitto che coinvolge molti quartieri e rioni caldi della città. Un’escalation che desta allarme sociale minacciando da vicino la stessa coesione e convivenza civile. È questa “imprevedibilità”, più d’ogni cosa, a richiedere uno sforzo di intelligence supplementare per decifrare dinamiche che sfuggono ai canoni tradizionali dell’investigazione. Basta considerare un dato orribile che fa accapponare la pelle e aggrava le statistiche: in meno di cinque anni ci sono stati otto morti per sbaglio. Sangue innocente di nuovi martiri. Un elenco che ogni anno tragicamente si allunga. Bersagli incolpevoli di un errore di persona, commesso da killer che solitamente vanno in giro ad ammazzare i rivali, su ordine dei clan, con armi in pugno e tanta cocaina in corpo.

In meno di cinque anni ci sono stati otto morti per sbaglio. Sangue innocente di nuovi martiri

 

L’ultimo è stato Maikol Giuseppe Russo, 27 anni, colpito alla testa poco prima delle ore 20 del 31 dicembre scorso a piazza Calenda al rione Forcella mentre aspettata il fratello che finisse di lavorare. Il 6 settembre in piazza Sanità è toccato a Genny Cesarano, appena 17 anni. I sicari in sella a moto di grossa cilindrata spararono all’impazzata. E’ lo lasciarono steso. Cercavano un esponente del gruppo dei Sequino. La sparatoria è stata originata – dicono gli investigatori – da una lite, anche con accoltellamento, sugli spalti dello stadio San Paolo. Il 31 luglio viene prima minacciato e poi ammazzato nell’officina di meccanico dove lavorava Luigi Galletta, 21 anni, ‘colpevole’ di non aver voluto spifferare il nome del proprietario di uno scooter usato per una ‘missione’ di morte.

Prima di loro, in Campania, altre 180 persone – tra loro bambini e neonati – morti in maniera analoga: freddati per sbaglio, o caduti nel fuoco incrociato di bande che sul territorio agiscono indisturbate. Molti non se ne rendono conto, ma da queste parti, anche se in teoria siamo in tempo di pace, si vive in trincea. Se prima i ‘morti’ si facevano nei quartieri dormitorio a Nord di Napoli ora le fiammate di violenza divampano nel cuore della città. E il turista che passeggia neppure percepisce il pericolo, lo scombussolamento, i venti di guerra. Lo sguardo è altrove e il naso all’insù a mirare le bellezze randagie e mozzafiato del Centro storico partenoepo.

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