“Sette costole rotte, segni di scariche elettriche sul pene, ferita da traumi su tutto il corpo e un’emorragia cerebrale“. Questo è quanto ha detto l’autopsia effettuata dai medici egiziani sul cadavere di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ucciso al Cairo e ritrovato il 3 febbraio in un fosso lungo la strada che collega la capitale ad Alessandria. L’esito dell’esame autoptico è trapelato grazie ad una fonte dell’autorità forense del Paese africano, che ha raccontato all’agenzia di stampa Reuters quanto riscontrato dal personale sanitario che ha esaminato il corpo del 28enne friulano. Reuters ha fatto sapere di non essere riuscita ad entrare in possesso di una copia del documento per verificarne i contenuti, ma a quanto è dato sapere la fonte citata è di assoluta attendibilità. Chi ha rivelato i particolari dello stato in cui versava il cadavere ha anche sottolineato che erano ben visibili molti tagli causati da uno strumento affilato che si sospetta fosse un rasoio.

Non solo. Chi ha parlato con Reuters, inoltre, ha aggiunto che sono state riscontrate abrasioni e bruciature. E’ probabile, infine, che il ragazzo sia stato picchiato con un bastone e che abbia ricevuto pugni e calci. Una ricostruzione totalmente differente da quanto emerso dal report iniziale sull’autopsia condotta in Egitto, secondo cui Regeni era stato colpito alla nuca con uno strumento affilato. Incongruenze. Troppe. Come gli ostacoli dell’autorità egiziana nel far emergere la verità.

In giornata, infatti, dopo che le autorità della scientifica hanno consegnato all’ufficio del procuratore generale il report finale sull’autopsia, la procura generale di Giza ha fatto sapere che il contenuto del report non sarebbe stato reso pubblico. Solo la fuga di notizie, quindi, ha permesso – se quanto comunicato da Reuters fosse confermato – di conoscere il trattamento riservato al ricercatore italiano di Cambridge. Anche quest’ultima notizia, del resto, era filtrata esclusivamente grazie a quanto pubblicato dalla versione online del quotidiano al-Masry al-Youm. Secondo il giornale, i pm che hanno ricevuto il rapporto sull’autopsia hanno deciso di non rendere pubblici i risultati per garantire “la segretezza nelle indagini sulla morte del giovane”. Che ora, però, vengono a galla anche con più dettagli rispetto a quelli già resi pubblici dopo l’altra autopsia, ovvero quella eseguita in Italia e dalla quale è emerso che il ricercatore ha subito diverse fratture, oltre a quella fatale di una vertebra cervicale, causata da un colpo al collo, e torture.

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