La “modernità” sì, la fine del monopolio Telecom e lo scorporo della rete no. Il governo mercoledì ha approvato la realizzazione di un piano di infrastrutturazione in fibra ottica e di reti genericamente “aperte ed efficienti”, ma si è opposto ancora una volta alla separazione della rete telefonica fissa nazionale di Telecom Italia dal gruppo telefonico per il quale però l’infrastruttura rappresenta l’unica vera garanzia sull’enorme debito bancario. L’aula della Camera ha infatti dato il via libera alle mozioni presentate da tutti i gruppi in questa direzione, tranne a quella del Movimento 5 stelle. “Ancora una volta l’esecutivo Renzi“, ha commentato il deputato grillino Paolo Romano, “ha detto il suo no al nostro progetto e approvato provvedimenti morbidi e generali. Ci chiediamo che cosa ci sia realmente dietro. Nessuno ignora i forti interessi di Mediaset su Telecom e ci viene da pensare che la scelta del premier sia vincolata da un accordo con Silvio Berlusconi“. E ha concluso: “Possiamo fare tanti interventi, ma se non si procede con lo scorporo in questo Paese cambierà poco e niente. C’è anche un problema di sicurezza nazionale: una rete privata può essere scalata da finanziatori esteri (come per altro già successo, ndr) senza che ci possa essere un controllo dello Stato”.

Altre due mozioni, di Sinistra ecologia e libertà e della Lega Nord, prevedevano misure contro il monopolio ma sono state riformulate dall’esecutivo e quindi pulite dall’elemento dello scorporo. Gli altri testi invece riguardavano genericamente la realizzazione di reti di accesso di nuova generazione “aperte, efficienti, neutrali, economiche e pronte per evoluzioni future” e la definizione di un relativo modello di governance.

Il governo ha invece approvato un piano di infrastrutturazione in fibra ottica, previsto dalla mozione del leghista Davide Caparini. Il testo del Carroccio chiedeva anche la fine del monopolio Telecom, ma una modifica dell’esecutivo ha cancellato questo aspetto. “Il Paese sconta un ritardo preistorico nel sistema tecnologico – ha detto Caparini in aula -. Mentre altri Paesi lavorano al web 3.0, noi siamo al palo. Secondo l’Agcom i ritardi nello sviluppo della banda larga frenano la crescita del Pil dell’1,5%”.

Via libera, poi, alla mozione di Forza Italia. “Impegniamo il governo”, ha detto Deborah Bergamini, “a creare le condizioni per favorire gli investimenti in telecomunicazioni, anche orientando l’utilizzo dei fondi strutturali europei a sostegno dello sviluppo della banda ultra larga e agendo in Europa perché gli investimenti pubblici per colmare il digital divide siano esclusi dal patto di stabilità. Chiediamo inoltre di rivedere la governance dell’Agenda digitale, in modo da chiarirne obiettivi, ruoli ed azioni”.

Sull’Italia pesano i tre obiettivi fissati dall’Agenda Digitale europea, tra questi quello che prevede entro il 2020 la copertura a 30 Mbit/s del 100% della popolazione. “La strategia futura dell’Italia”, ha detto il deputato Pd Vincenzo Bruno Bossio, “sui temi dell’innovazione digitale dovrebbe indirizzarsi su due principali direttrici: incentivare la realizzazione delle infrastrutture per la banda ultra larga, da una parte e promuovere una economia effettivamente digitale così da stimolare la domanda, dall’altra”.

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