Domenica 30 novembre in Svizzera si vota un referendum sulla politica aurea che in caso di successo promette ricadute globali. Gli scenari ipotizzati dai principali analisti parlano di un repentino e significativo apprezzamento dell’oro. Fra le tre iniziative popolari che passeranno al vaglio delle urne c’è infatti quella proposta dal partito conservatore Udc per salvare l’oro della Svizzera.

Le origini della faccenda vanno cercate nei primi anni del millennio. La banca nazionale elvetica (Bns) ha venduto circa metà delle proprie riserve d’oro, per un totale di 1550 tonnellate, incamerando di pari passo consistenti somme di valuta estera. Nel 2011, come risposta ai timori di una crescente instabilità dell’eurozona, i conservatori di ultradestra dell’Udc hanno proposto e ottenuto un referendum per invertire la tendenza: “Con l’iniziativa sull’oro si chiedono tre cose – spiega Luzi Stam, consigliere nazionale Udc -: primo, le attuali riserve auree della Banca nazionale svizzera non possono più essere vendute. Secondo, devono essere immagazzinate in Svizzera. E terzo, la Banca nazionale svizzera deve mantenere almeno il 20% dei suoi attivi sotto forma di oro”.

Una vittoria dei Sì comporterebbe quindi l’obbligo, per la Bns, di acquistare 1600 tonnellate d’oro in 5 anni, tanti ne servirebbero per riportare le riserve dall’attuale 7% al 20% degli attivi. Contrari all’iniziativa il Parlamento e il consiglio federale, che hanno espresso parere negativo, spiegando come l’iniziativa proposta “danneggia la Svizzera e il Franco”, puntualizzando poi che una quota minima fissa di oro non garantisce né l’indipendenza del Paese né la stabilità della moneta: “Limitare il margine di manovra della banca nazionale – si legge nel documento di raccomandazione stilato dal Consiglio federale – ostacola una politica monetaria nell’interesse del paese”.

Inoltre, il consigliere federale Ueli Maurer, ha sottolineato come “la Svizzera, con le sue 1040 tonnellate di oro, è il paese al mondo con le maggiori riserve pro capite”. Il governo svizzero ha anche puntualizzato come il franco goda di ottima fiducia e sia ben quotato e, anzi “la sua forza è fonte di preoccupazione per le esportazioni”. Moniti contro l’iniziativa arrivano dalla stessa Banca svizzera. Fritz Zurbrügg, membro del direttivo , ha messo in guardia i Cantoni, spiegando che una vittoria dei “Si” comporterebbe una diminuzione dei dividendi versati dalla Bns ai Cantoni stessi, in quanto l’oro “è un attivo che non rende nulla”.

In queste settimane dichiarazioni contro lo spettro di una vittoria dei Sì al referendum svizzero sono arrivati anche dall’estero. Willem Buiter, già membro del consiglio della Bank of England, ha detto che “Non esiste alcuna ragione economica o finanziaria affinché una banca centrale possieda qualsiasi tipo di materia prima, anche se tale commodity detiene un valore intrinseco. Impedire a una banca centrale di vendere oro riduce il valore di queste riserve di oro a zero”. Anche la divisione ricerca della Société Générale ha voluto spendere la propria opinione sulla consultazione elvetica: “potrebbe presentare un rischio di inflazione, che le autorità di politica monetaria combatteranno in modo vigoroso”, ha detto Patrick Legland. Stando ai sondaggi sembra che il popolo elvetico propenda per il no, dando sostanzialmente ragione alle opinioni espresse da banchieri e governanti.

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