“Napolitano testimoniando, ha dimostrato che tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge, anche se avrebbe fatto meglio a lasciare aperte le porte del Quirinale anche a imputati e giornalisti”. Lo afferma Marco Travaglio circa la testimonianza del presidente della Repubblica. “Ha detto” – continua – “che i vertici delle istituzioni sapevano che le bombe le avevano messe i corleonesi. Lo Stato non solo era sotto ricatto, ma sapeva benissimo di esserlo. Il condirettore de Il Fatto Quotidiano si sofferma sulla lettera di Loris D’Ambrosio, inviata al capo dello Stato il 18 giugno 2012 e poi resa pubblica dallo stesso Napolitano: “Gliela scrisse per dimettersi per le polemiche sulle sue telefonate con Mancino. Ma anche per ricordargli: “Lei sa di ciò che ho scritto di recente” in un libro di Maria Falcone: “episodi del 1989-’93 che mi preoccupano e fanno riflettere, e mi hanno portato a enucleare ipotesi di cui ho detto anche ad altri, quasi preso dal vivo timore di essere stato allora considerato solo un ingenuo e utile scriba di cose utili a fungere da scudo per indicibili accordi”. Quindi 2 anni fa Napolitano scopre che il suo collaboratore teme di essere stato usato per indicibili accordi. Uno normale fa un salto sulla sedia e convoca D’Ambrosio” (GUARDA LA SECONDA PARTE)

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