“Roberta è stata uccisa perché donna senza nessun motivo. È stata aggredita, prevaricata, stordita, poi violentata e uccisa”. Ha un groppo in gola Franco Lanzino, padre di Roberta, la ragazza di 19 anni ammazzata nel 1988 nella strada che da Cosenza porta a San Lucido, sul Tirreno. Un giallo che, all’epoca, ha scosso la Calabria. Roberta Lanzino è stata violentata da due uomini che, in una zona isolata, avevano accostato il suo motorino con una Fiat 131. Ancora non c’è un colpevole. Il suo presunto aguzzino Franco Sansone nel frattempo ha già scontato 20 anni di carcere per altri due omicidi. Scarcerato per buona condotta, oggi è a piede libero e il tribunale di Cosenza lo sta processando per l’uccisione di Roberta Lanzino. “Dopo 26 anni oggi è un processo difficile – dice la madre della ragazza Matilde Spadafora -. Il liquido seminale che era abbondante non esiste più, i vestiti sono stati distrutti. È un processo difficile, ma non è impossibile arrivare”. “Nella giustizia abbiamo la massima fiducia – aggiunge il padre Franco -. Dal processo vogliamo che venga fuori la verità. Vogliamo giustizia. Non abbiamo lasciato niente di intentato. Se oggi c’è un processo è perché ci siamo noi, e continueremo fino alla fine”. Dalla tragedia alla speranza. Il dolore della famiglia Lanzino si è trasformato in un servizio alle donne perché quello che è accaduto a Roberta non si ripeta più. È nata con questa missione la fondazione ‘Roberta Lanzino’, “per stare vicino alle donne che subiscono violenze. Oltre all’assistenza legale, noi diamo ogni tipo di sostegno alla donna” di Lucio Musolino
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