Alla faccia del compromesso. Mentre da una parte Renzi vede sparire la possibile stampella di Forza Italia (“Accordo al ribasso” dicono da giorni i berlusconiani”) l’intesa con la sinistra del Pd non c’è affatto a giudicare dalle parole degli esponenti più rappresentativi. Per esempio Stefano Fassina la cui dichiarazione pare cristallina: “Se la delega resta in bianco è invotabile e con la fiducia conseguenze politiche” scrive su Twitter. All’ex viceministro si aggiunge Pippo Civati: “Il governo pare intenzionato a mettere la fiducia sulla legge delega che è già uno strumento che più fiduciario non si può – scrive sul suo blog – Sarebbe qualcosa a metà tra la provocazione spicciola e un esautoramento del Parlamento, nonché un segnale di debolezza, oltre che sul piano politico un segnale di profonda rottura”. Ma probabilmente la semplificazione giornalistica che parla della minoranza Pd come “sinistra” forse non è completamente corretta. Francesco Boccia, lettiano, afferma: “La rimozione dell’articolo 18 consente di attrarre investimenti? E’ un abbaglio colossale. Si parla tanto di modello tedesco, ma in Germania i salari sono alti e una noma simile all’articolo 18 c’è. Le gente ci chiede di risolvere i problemi – dichiara ad Agorà – Finisce che il Pd voterà questa delega, ma il problema di fondo non lo risolviamo screditando la rappresentanza sindacale. Con l’attuazione di quella delega, prima devi recuperare le risorse, e quindi cancellare le casse integrazioni esistenti, e poi creare la nuova Aspi o come si cambierà”. 

Mentre il ministro del Lavoro Giuliano Poletti incontra il presidente del Consiglio Renzi a Palazzo Chigi alle minoranze del Partito democratico risponde il deputato renziano Federico Gelli: “Le minacce di Fassina non spaventano nessuno. Vuole ostacolare l’impegno al cambiamento preso da Matteo Renzi e dal governo con i cittadini italiani? Allora mi pare inevitabile che voglia assumersene le responsabilità. La riforma del mercato del lavoro è urgente e irrimandabile. Il Pd ne ha discusso in direzione e ha votato”. Gelli si rivolge direttamente a bersaniani e civatiani: “Se qualcuno nella minoranza pensasse ora di trasformare il percorso parlamentare in un gioco dell’oca infinito, magari per mettere in difficoltà l’esecutivo, dimostrerebbe di non avere ancora capito che le primarie del 2013 e il 40,8 per cento del Pd alle Europee hanno dato a Renzi il mandato per cambiare le cose sul serio, seguendo tutte le strade possibili”.

Intanto la Camusso insiste. Alla vigilia dell’incontro tra governo e sindacati (fissato per martedì 7 alle 8) la segretaria della Cgil paragona di nuovo il capo del governo Matteo Renzi a Margaret Thatcher. Siamo a metà del semestre europeo a guida italiana – dice al vertice dei sindacati Ue – “e non c’è stato ancora accenno di dialogo sociale da parte del presidente del Consiglio. Questa modalità si era vista in Europa una sola volta, con madame Thatcher”. Il sindacato italiano è sempre pronto al confronto ma anche al conflitto per contrastare scelte politiche non condivisibili, dice la Camusso parlando al vertice sindacale europeo ‘Un nuovo corso per l’Europa’. Camusso, parlando dell’incontro previsto per domani con il governo, ha detto che con la convocazione si è avuto “un cambiamento di orientamento” nel governo, che comunque si era presentato all’insegna del “non confronto” con i sindacati. La leader della Cgil si è augurata che il cambio di direzione del governo sia “vero e serio”. Con il Jobs Act – ha detto – i diritti per tutti “vengono poco estesi in cambio di una riduzione dei diritti per chi è al lavoro. Abbiamo bisogno di una politica di aumento dei salari e di riduzione del fisco sulle retribuzioni insieme”. Camusso si è inoltre detta preoccupata che il governo voglia “restringere l’azione del sindacato” limitandone i confini alla sola contrattazione aziendale. “Lo interpreteremmo – ha detto Camusso – come un esplicito attacco alla contrattazione e all’autonomia del sindacato”.

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