Nemici no, certamente avversari politici, da sempre schierati su due opposti schieramenti. Eppure in tempi di intese più o meno larghe anche l’elezione dei consiglieri della Città Metropolitana, diventa l’occasione per seppellire antiche rivalità e apparentarsi in nome della governabilità. Succede anche a Genova, città in cui il 28 settembre si andrà a votare per eleggere il nuovo ente locale. Un agglomerato di 67 comuni che vanno da Cogoleto, a Moneglia fino a Levante. Includendo ovviamente il capoluogo, che da solo conta demograficamente quasi i quattro quinti dell’intera popolazione. La lista favorita per la vittoria “Costituente per la città Metropolitana” – i calcoli del Pd le accreditano da 14 a 16 consiglieri su 18 totali – è guidata dal sindaco di Genova, Marco Doria, il quale secondo la nuova legge assumerà la carica di sindaco. La previsione del voto si fonda sull”alleanza fra Pd, Forza Italia, NcD, Sel e Lista Doria.

I registi dell’operazione sono politicamente lontanissimi da sempre, il sindaco Doria è di provenienza Sel, l’ex presidente della regione Liguria Sandro Biasotti, è senatore di Forza Italia in carica. “Non sono tipo da inciuci”, dice Biasotti. “Ho accettato l’alleanza e fatto l’accordo col Pd e altre realtà politiche perché la Città Metropolitana deve emanare uno statuto ed è una sorta di Costituente in cui è opportuno siano rappresentate tutte le istanze. Con la lista che abbiamo approvato noi di centrodestra nelle previsioni avremmo sei consiglieri su sette espressione di piccole realtà locali”. Fra i candidati del centrodestra spiccano Lilli Lauro (la più votata a palazzo Tursi), Carlo Bagnasco (nuovo sindaco di Rapallo), Roberto Levaggi sindaco di Chiavari, Giorgio D’Alia primo cittadino di Portofino. Nel Pd, Valentina Ghio sindaco di Sestri Levante, Gianni Vassallo (consigliere conmulae genovese), Laura Repetto, consigliere a Busalla.

Ha lavorato sottotraccia per favorire l’intesa bipartisan anche Pierluigi Vinai, segretario dell’Anci ligure, in stretti rapporti col sottosegretario alla presidenza del consiglio, Graziano Delrio (autore della legge che cancella le vecchie province). Vinai appena due anni fa sfidò Doria per diventare sindaco di Genova. E perse seccamente, quarto su quattro concorrenti . Risultato ampiamente previsto fra i tanti che nel centrodestra avevano osteggiato la sua candidatura, imposta dall’ex ministro Claudio Scajola, ancora potente ras della Liguria. Perduto il suo storico chaperon, Vinai si è adeguato ai tempi e ha fondato Open Liguria, associazione culturale vicina a Matteo Renzi, ma non organica al Partito democratico, come tenne a precisare lo stesso Vinai.

I consiglieri saranno scelti da 800 sindaci e consiglieri comunali, in rappresentanza dei 67 comuni inglobati nella città Metropolitana. Le grandi manovre estive avevano lasciato presagire un inciucio ancora più ampio. I pontieri dei vari partiti avevano lavorato per creare un unico listone che comprendesse tutte le formazioni politiche. Permettendo un equa distribuzione anche rispetto alla rappresentanza territoriale. Nell’accordo di spartizione era prevsito che il Pd avrebbe conquistato 9 dei 18 consiglieri metropolitani messi in palio dalla nuova legge mentre gli altri 9 sarebbero stati distribuiti fra tutte le altre forze politiche, compreso il Movimento 5 Stelle che aveva “prenotato” un seggio. Col trascorrere delle settimane tuttavia le carte si erano imrbogliate e l’inciucione massimo era finito in pezzi. Mal di pancia anche del Pd perché Doria avrebbe voluto inserire – come poi ha fatto – Enrico Pignone, il capogruppo della sua Lista a palazzo Tursi. Sgomitava la Lega Nord che aveva annunciato la presentazione di una sua lista legata al territorio, obiettivo fallito per mancanza delle firme a sostegno. Per l’identico motivo era rimasto fuori il M5S.

L’epilogo, certificato l’8 settembre scorso, ha indicato tre liste in lizza. Oltre alla lista guidata da Doria, corrono “Liste Civiche Noi per l’Area Vasta liberi di scegliere”, capeggiata da Raffaella Della Bianca, uscita dal Pdl, che ha imbarcato leghisti e dissidenti di FI e NcD, e la lista “Comuni e Comunità” sostenuta da Ezio Chiesa e da Ezio Armando Capurro, due vecchie volpi della politica ligure. Nonostante gli sforzi per distribuire le poltrone la frammentazione interna ai partiti complica il quadro. L’UdC presenta suoi candidati in tutte e tre le liste, spaccata fra Rosario Monteleone (il segretario regionale inquisito per le spese pazze in regione) e Marco Limoncini (pure lui per lo stesso motivo nel mirino della procura della Repubblica) che sostengono rispettivamente il capogruppo al comune di Genova, Alfonso Gioia e il sindaco di Lumarzo, Guido Guelfo. La spunterà la solidarietà di partito o prevarranno le istanze del territorio? E cosa farà il Movimento 5 Stelle che vanta cinque conisiglieri comunali a palazzo Tursi e può sparigliare davvero tutte le carte e far saltare i calcoli della vigilia? Non sono esclusi voti trasversali, su base territoriale, per consentire di essere rappresentate anche a località lontane dal cuore della città metropolitana. Eppure i capolista delle due liste territoriali sono due genovesi, Gioia e Salemi. Un po’ di pathos dopotutto non fa male in una elezione telecomandata dall’alto. Entro il 31 dicembre 2014 il consiglio metropolitano dovrà approvare lo statuto e il 1° gennaio 2015 la Città Metropolitana subentrerà a tutti gli effetti alla Provincia di Genova.  Con un risparmio, si calcola, di circa un milione di euro l’anno. Gli incarichi dei 18 consiglieri sono a titolo gratuito ma resta aperta la questione dei rimborsi spese. Chi vi farà fronte? I piccoli comuni hanno già messo le mani avanti: “Noi non abbiamo un euro“. E le rassicurazioni da Roma, tramite l’assessore Paita non tranquillizzano nessuno. Quanto ai circa 900 dipendenti, nessuno perderà il posto. Una parte sarà smistata a Regione e Comune, in base alle nuove competenze assegnate all’ente.

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