E’ una vera e propria crisi costituzionale quella scoppiata negli Stati Uniti dopo le accuse rivolte alla Cia dalla senatrice democratica Dianne Feinstein. La Feinstein, a capo dell’Intelligence Committee del Senato, si è alzata dal suo scranno in aula e ha denunciato l’occultamento di verità scottanti sull’uso della tortura da parte della Central Intelligence Agency. “Non facciamo questo tipo di cose”, le ha risposto subito John Brennan, il direttore della Cia, mentre un imbarazzato Barack Obama ha cercato di non prendere posizione nello scontro. La Feinstein è, tra l’altro, uno dei politici più vicini e fedeli al presidente.

“Ci sono dispute periodiche su questo tipo di processi e non facciamo dichiarazioni con gli accertamenti in corso”, ha spiegato il portavoce della Casa Bianca, Jay Carney. Il fatto è che le accuse mosse dalla Feinstein sembrano tutto, tranne che semplici informazioni “da accertare”. La senatrice è stata chiarissima. In almeno due occasione la Cia si sarebbe introdotta nei computer utilizzati dal suo staff per capire cosa la Commissione sa dei programmi di tortura decisi da George W. Bush dopo l’11 settembre; documenti preziosi sarebbero stati distrutti, sempre durante l’intrusione nei computer dell’“Intelligence Committee”. Oltre a questo, gli investigatori dello staff della Feinstein avrebbero subito minacce e pressioni indebite da parte dell’agenzia di spionaggio, sino alla denuncia al Dipartimento di Giustizia.

Come si vede, ce n’è abbastanza per definire la vicenda una vera e propria “crisi costituzionale” tra poteri dello Stato. C’è il presunto spionaggio da parte di un’agenzia del governo Usa ai danni dei legislatori; ci sono i dubbi sulla capacità dei legislatori di sottoporre a reali controlli un corpo dello Stato che tante volte, in passato, ha dimostrato di trascurare i confini tra legale e illegale; infine, sullo sfondo, c’è uno dei periodi più bui e tormentati della storia americana, quello successivo agli attentati a Due Torri e Pentagono. Fu allora, nel 2002, che il presidente Bush diede alla Cia il diritto di detenere e interrogare presunti terroristi con “tecniche avanzate”. In altre parole, con la tortura. Il programma restò praticamente segreto (tra i parlamentari, ne erano a conoscenza soltanto il chair e il vice-chair del “Senate Intelligence Committee”) sino al 2006, quando George W. Bush, per rispondere a pressioni di politici, stampa e opinione pubblica, si trovò costretto ad andare in televisione e ammetterne l’esistenza. Con la rivelazione, dovettero però cominciare anche i tentativi di insabbiamento.

Già nel 2007 il New York Times rivelava che la Cia stava distruggendo centinaia di videotapes girati durante i cosiddetti “interrogatori avanzati”. Sdegno e dubbi fecero partire una commissione d’inchiesta del Senato (nel 2006 il Congresso era tornato in mano ai democratici, molto meno disposti ad ascoltare la verità ufficiale dell’amministrazione Bush), i cui lavori sono proseguiti, con alti e bassi, in questi anni. Gli “alti e bassi”, spesso, sono dipesi dalla scarsa volontà dell’agenzia di intelligence di cooperare. Gli investigatori del Senato non hanno ricevuto i documenti, come tradizione, negli uffici del Senato stesso, ma sono stati costretti ad andare a consultarli nelle stanze della Cia in Virginia. E nel processo di consultazione, circa 900 files, in un primo momento visionati dagli investigatori, sono misteriosamente spariti. Dopo anni di indagine, la Commissione del Senato ha nel 2012 concluso i suoi lavori e redatto un rapporto di 6300 pagine. Il rapporto è rimasto segreto. “Classificato” e mai reso pubblico. La Commissione dice di starci ancora lavorando per definire dettagli e conclusioni.

Il dubbio è che in quelle pagine ci siano verità sconvolgenti sugli interrogatori dei presunti terroristi da parte della Cia. Queste stesse verità sarebbero tra l’altro presenti anche in un fantomatico “rapporto Panetta” – Leon Panetta fu direttore Cia tra il 2009 e il 2011 – che pochi hanno visto: un rapporto interno ordinato dall’allora capo dell’agenzia e che arriverebbe alle stesse conclusioni del rapporto della Commissione. E cioè che la Cia ha torturato e probabilmente superato la già ampia “libertà di manovra” che gli era stata data da Bush.

Mentre si attende di capirci qualcosa di più – e sperabilmente anche di leggere il rapporto della Commissione – molti a Washington si interrogano sull’uscita pubblica della Feinstein. Perché ha deciso di attaccare la Cia proprio ora? Perché la senatrice, di solito estremamente prudente e disponibile ai voleri della comunità dell’intelligence, ha scelto di aprire il conflitto? Una possibile risposta potrebbe stare nelle pressioni esercitate dalla Cia stessa per bloccare la pubblicazione del rapporto che la inchioda. Un’altra risposta è ancora più imbarazzante (e ventilata a inizio anno da un altro senatore, Bernie Sanders). La Cia non si sarebbe cioè limitata a frenare la verità sulle torture, ma avrebbe organicamente spiato i membri del Senato. Una rivelazione che, unita alle recenti polemiche sulla Nsa, mostrerebbe quanto ramificato e intrusivo sia diventato il sistema dell’intelligence Usa.

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