Una casa, l’assenza di barriere architettoniche e la voglia di essere autonomi. Dipendesse da loro, basterebbero questi tre ingredienti per avere una vita indipendente dalla propria famiglia o dalle strutture in cui sono ricoverati. Loro, sono gli iscritti all’associazione ‘Nuovi orizzonti handicap (Noha), un gruppo di persone con disabilità fisica che sta cercando di realizzare in provincia di Milano un’abitazione per affrontare concretamente il “dopo di noi”, il momento cioè in cui i genitori non ci saranno più o non potranno più provvedere alla loro assistenza a causa dell’età avanzata.

“Sul territorio c’è una scarsa offerta di strutture studiate e realizzate per soddisfare le esigenze quotidiane di persone ‘fisicamente’ disabili”, spiega Noemi Peviani, presidente di Noha onlus, che ha individuato in un edificio da ristrutturare a Pregnana Milanese (Mi), il luogo in cui far sorgere “quattro appartamenti per ospitare una decina di persone che non necessitano di personale medico h.24. Una sorta di casa famiglia in cui i disabili si aiutino a vicenda, coordinati da due figure fisse”. Il percorso di “Casa Ernestina”, per cui è stata avviata una raccolta fondi (per informazioni: http://www.casaernestina.it) è solo all’inizio e guarda ai progetti realizzati in altre regioni, come l’Emilia Romagna: dal centro disabili di Forlì a esperienze già collaudate come quella degli appartamenti Abs a Bologna, riservati a disabili adulti e in cui l’operatore di riferimento è presente solo nelle ore pomeridiane, alle strutture del Vis.

In Lombardia, dove il numero di disabili è stimato in circa 310mila (Fonte: elaborazione su popolazione lombarda 2012, assumendo dato prevalenza disabilità da “Indagine multiscopo” Istat 2005) l’offerta residenziale per persone con disabilità segue due tendenze “diametralmente opposte”, come rileva l’osservatorio della provincia di Milano. Da una parte, in linea con “le direttive di regione Lombardia si torna a offrire proposte in cui la componente sanitaria sembra essere predominate” le residenze per disabili (Rsd) e le comunità alloggio socio-sanitarie (Css). Si tratta in quest’ultimo caso delle comunità alloggio del passato e accolgono persone che hanno bisogno di un’integrazione sanitaria minima: sul territorio lombardo ci sono complessivamente 199 strutture di questo tipo, per un totale di 1.714 posti. 176 di queste comunità hanno anche l’accreditamento al sistema socio sanitario regionale. Dall’altra si stanno diffondendo progetti alternativi, in cui è “centrale il tema dell’accoglienza”, lasciate soprattutto all’iniziativa del terzo settore e delle famiglie. “Quando si affronta la disabilità spesso si mettono insieme, soprattutto nelle strutture di accoglienza, disabili mentali e disabili fisici – spiega Clelia Cuozzo, vice-presidente Noha al FattoTv – ma abbiamo esigenze diverse. Per questo il progetto di “Casa Ernestina” è calibrato in base alle nostre necessità e alla possibilità di avere una vita indipendente”.

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