“Credevamo in Parmalat, era l’azienda fiore all’occhiello del parmense”. Albertina Furia insieme alla sua famiglia aveva investito 30mila euro nelle obbligazioni Parmalat che dieci anni fa si sono trasformate in carta straccia da un giorno con l’altro. E non ha dimenticato Collecchio e il suo buco da 14 miliardi di euro che ha messo in ginocchio 145mila piccoli risparmiatori classificandosi fin dalla sua esplosione come il caso di bancarotta fraudolenta più grave della storia d’Europa. Un disastro per il territorio e uno scandalo che ha travolto i suoi “architetti”. Primo tra tutti il patron Calisto Tanzi, l’imprenditore che aveva portato in città fama e ricchezza, grazie ai suoi prodotti esportati in tutto il mondo e la squadra di calcio da serie A. Oggi l’ex re del latte sta scontando la pena definitiva di 8 anni in ospedale e l’unica uscita regolare che fa è quella per andare a messa, nella cappella a pochi metri dal reparto. I risparmiatori, tra avvocati e processi ancora in corso, sono riusciti a riavere solo una piccola parte dei loro soldi. Per la città, quel Natale del 2003 è stato un vero e proprio spartiacque . “Davanti a tutto il mondo eravamo i falsari dell’economia della food valley” racconta l’ex sindaco di Collecchio, Giuseppe Romanini, che in quei giorni di dicembre ha visto la sua città trasformarsi da simbolo della buona imprenditoria a capitale del malaffare di Silvia Bia e Giulia Zaccariello
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