Quella che si dice un’idea semplice e vincente: la ebbe, nel 1988, Giuliana Dal Pozzo, una femminista senese autorevole che intuì l’importanza di offrire un luogo di ascolto dedicato alle donne vittime di violenza, specialmente quella domestica.

E’ così che è nato un servizio oggi appare scontato, il Telefono Rosa, dove il colore tradizionalmente (e stucchevolmente) attribuito al femminile diventava un’ancora di salvezza e faceva la differenza tra il silenzio complice e la possibilità di uscire dal cupo quotidiano destino di vessazione, talvolta di morte, per centinaia di donne in Italia.

Giuliana Dal Pozzo se ne è andata fisicamente, dopo una lunga e ricca vita durata ben 91 anni, ma il segno e l’insegnamento che lascia è forte e preciso.

Per essere dalla parte di chi sta soffrendo per un’ingiustizia, (perché tale è la violenza maschile contro le donne), bisogna costruire reti, occasioni e strumenti di relazione che spezzino uno dei più potenti alleati della violenza: il silenzio.

Lo sapeva bene, questa giornalista che ha attraversato tanta parte del secolo breve rompendo tabù e non regalando mai nulla a nessuno, nemmeno alla sua parte: redattrice all’Unità e a Paese Sera, direttora del mensile Noi Donne dal 1954 al 1961 e poi, dopo Miriam Mafai, dal 1970 al 1981, fu proprio dalle colonne dello storico giornale della più grande organizzazione femminile italiana, l’Unione Donne Italiane, che cominciò a mettersi in ascolto dell’Italia che cambiava: la molto tradizionale rubrica di posta delle lettrici, Parliamone insieme, fu uno straordinario palcoscenico dal quale Giuliana Dal Pozzo raccolse e raccontò il cambiamento.

Si scrisse di aborto, divorzio, contraccezione, violenza domestica in presa diretta, attraverso le vite quotidiane delle donne. Ce ne fu anche per i ‘compagni’: nel 1969 una sua inchiesta sull’uomo di sinistra ruppe finalmente anche il tabù sulla bontà e diversità dei comportamenti maschili di quella parte politica.

Dopo aver fondato il Telefono Rosa, che oggi è una degli strumenti più usati dalle donne italiane per chiedere aiuto in caso di violenza, raccontò le vite spezzate, ma anche la ritrovata forza e fiducia nel libro dal bel titolo Così fragile, così violento (Editori Riuniti).

Non so se la sua nomina, da parte del Presidente Napolitano nel 2007 a Grande Ufficiale della Repubblica le fosse arrivata come un riconoscimento fondamentale: di certo ci sono, oggi, migliaia di donne che hanno cambiato radicalmente vita, grazie a lei e al conseguente lavoro quotidiano di decine di volontarie delle quali non sappiamo i nomi, che rispondendo a una chiamata telefonica hanno ridato speranza, creato spazio vitale, interrotto solitudini dolenti.

Rendere politico il gesto dell’ascolto: non soltanto per denunciare la violenza, ma per evidenziare che la violenza sulle donne va riconosciuta non come fenomeno privato, ma come sintomo pubblico e politico di ingiustizia che tocca l’intera società: questo, di grande, ha fatto creando Telefono Rosa.

Grazie Giuliana, che la terra ti sia lieve.

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