I tesserati nuovi di zecca sono tanti. E i sospetti persino di più, in ogni parte d’Italia. Così dal partito centrale hanno inviato gli osservatori, come se fossero l’Onu alle prese con zone di guerra. E invece si parla del Pd, e dei suoi congressi per rinnovare i vari segretari locali: da quelli dei circoli a quelli cittadini e provinciali. Una partita di cui si parla pochissimo, schiacciata com’è dalla corsa verso le primarie dell’8 dicembre per la segreteria nazionale, con il favorito Renzi inseguito dagli outsider Cuperlo, Civati e Pittella.

Ma sul Pd che verrà peseranno, eccome, i segretari locali. E così le mille correnti si sono date battaglia per racimolare iscritti e vincere nelle assemblee locali: in gran parte previste per questo fine settimana, con termine ultimo entro il 6 novembre. Risultato: impennata di iscritti ovunque, con annesso diluvio di proteste, veleni e ricorsi. Perché il tesseramento spesso ha fatto rima con truppe cammellate. Epicentro del fenomeno, la Sicilia. Il Pd nazionale ha mandato a Catania come osservatore il bersaniano Nico Stumpo. Nella provincia etnea hanno dovuto sospendere i congressi in tre paesi (Ognina Picanello, Santa Maria di Licodia e Camporotondo etneo): molti si erano presentati nei circoli con persone che hanno pagato la tessera (dai 15 ai 20 euro, a seconda delle federazioni) al posto loro. Una 14enne si è ritrovata iscritta a sua insaputa (l’età minima per aderire è 16 anni). Ma è caos in tutta l’isola, con ricorsi a pioggia verso Roma.

A Palermo in alcuni circoli gli iscritti sono aumentati di quattro o cinque volte rispetto al 2012. Impennata di tessere anche a Messina, dove il partito è talmente dilaniato che ha come reggente il segretario regionale Lupo. “Qui è una guerra tra bande” urlavano pochi giorni fa i renziani messinesi. Ma tutti accusano tutti, nel Pd siciliano. Come in Campania. A Caserta il congresso provinciale, previsto per domani, è stato rinviato a novembre. C’è chi parla di un possibile commissariamento del partito come antidoto allo scontro tra renziani e cuperliani. Ad Avellino invece sono tre candidati su quattro a invocare uno slittamento dell’assemblea. “Questa è una guerra delle tessere, vogliamo giocare ad armi pari” hanno spiegato ieri in conferenza stampa . Ce l’hanno con il favorito, il presidente uscente De Blasio (renziano): “Dovrebbe essere il primo a volere chiarezza, e invece ci sono iscritti ad Avellino che risiedono in provincia o addirittura nel Napoletano”. A Lecce hanno cambiato le regole in corsa: il segretario provinciale sarà eletto dalla maggioranza dei delegati e non dai tesserati. Un ritorno alla regola nazionale (segretario eletto dai delegati in assemblea), a cui la Puglia faceva eccezione: prima delle polemiche. A sorvegliare sui congressi salentini è il deputato Roberto Morassut, veltroniano. Proprio Morassut, in un’intervista al Corriere della Sera-Roma, aveva parlato di un Pd “dove sono rimasti solo gli apparati, che si combattono tramite il tesseramento”. Assomiglia allo scenario di Teramo, in Abruzzo, dove da Roma sono piovute quasi 9mila tessere. Strano, visto che i tesserati nel 2012 erano circa 3200, e la regola vuole che il partito centrale mandi il 30 per cento di tessere in più rispetto a quelle sottoscritte nell’anno precedente. In provincia gli iscritti si sono dilatati (da 92 a 302 ad Alba Adriatica, da 32 a 201 a Tortoreto). Bizzarrie democratiche.

da Il Fatto Quotidiano del 26 ottobre 2013

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