Nell’ultimo mese alla procura di Genova sono arrivati quattro esposti anonimi relativi alla gestione di Banca Carige. I magistrati hanno aperto quattro diversi fascicoli, iscritti nel registro anonimi, per verificare la fondatezza delle accuse e i mittenti delle lettere. In una delle missive, l’anonimo scrive direttamente a un consigliere d’amministrazione dell’istituto che è stato ascoltato dai magistrati per risalire all’anonimo e che ha detto di non avere mai ricevuto la lettera.

Le accuse, secondo il procuratore capo Michele Di Lecce, sono molto generiche e riguardano la presunta “mala gestione” della banca, con riferimento al settore delle assicurazioni e dei prestiti. In alcuni casi, le missive erano corredate da articoli di giornale in cui si parlava della vicenda. Non è detto che la procura genovese riceva la relazione degli ispettori della Banca d’Italia sullo stato di salute dell’istituto da mesi nell’occhio del ciclone. “Ce la manderanno – ha spiegato Di Lecce – solo nel caso in cui dovessero rilevare possibili profili penali”.

Secondo quanto riportato dal Secolo XIX, dalla relazione degli sceriffi di via Nazionale emerge che i conti dell’istituto ligure potrebbero riservare ancora qualche sgradita sorpresa. Nonostante la pulizia di bilancio fatta tra il 2012 e il primo semestre del 2013 proprio su spinta della Banca d’Italia, per la banca genovese resta ancora qualche partita aperta.

Se sui crediti – concessi con disinvoltura ad amici, potenti, grandi soci – molto è stato fatto, esistono tuttavia ancora posizioni da rettificare, scrive in particolare il quotidiano di Genova ricordando l’esposizione verso la società Investimenti Marittimi, su cui Bankitalia ritiene vi siano ancora da registrare 11 milioni di perdite, e quella verso le società riferibili a Enrico Preziosi, presidente del Genoa, che dovrebbero scontare ulteriori rettifiche per 21 milioni.

Nel complesso, secondo le riclassificazioni della Banca Centrale, le partite anomale rappresentano il 17% sul totale degli impieghi. Ma nella semestrale di Carige il rapporto tra i crediti deteriorati (4,32 miliardi) e quelli alla clientela (28,57 miliardi) era pari al 15,1 per cento. Ci sarebbe dunque ancora circa mezzo miliardo di crediti che Carige – differenziandosi dalle valutazioni di Bankitalia – non considera deteriorati. Si tratterebbe, riferiscono fonti finanziarie, per la maggior parte di incagli, cioè il primo livello di allarme sul credito, non necessariamente destinati a tradursi in rettifiche, cioè perdite in conto economico.

Il rapporto della Vigilanza, sempre secondo il quotidiano ligure, critica infine il mantenimento dei valori di avviamento delle controllate bancarie (Carige ha in bilancio 1,78 miliardi di euro di avviamenti) mentre, per quanto riguarda le compagnie assicurative, evidenzia l’eccessiva esposizione al comparto immobiliare e afferma, citando una perizia di Prelios, che “il complesso degli immobili ha valori inferiori di oltre 100 milioni a quelli di carico”.

Oltre che sugli immobili e i soldi prestati a pochi e selezionati amici, con rischi creditizi sottovalutati, via Nazionale punta il dito contro un direttore generale che non usa i propri poteri e un presidente che ne esercita troppi. Su consiglieri di amministrazione che anche quando hanno criticato la gestione Berneschi poi non hanno votato contro. E ancora, sulla scarsa sensibilità sull’antiriciclaggio in particolare nella gestione della fiduciaria del gruppo e della filiale di Nizza.

Sempre secondo il Secolo XIX, infatti, le ispezioni “hanno confermato la presenza di estese lacune nei sistemi di governo e controllo con conseguenze sulla gestione dei rischi”. Risulta “elevata” l’esposizione ai rischi creditizi e reputazionali, soprattutto con riguardo alla gestione della gran mole di crediti concessi a singoli gruppi “e alle situazioni di conflitto d’interesse che investono le compagnie assicurative controllate”. Ciò si sarebbe potuto evitare, osserva Bankitalia, se in Carige avessero funzionato i contrappesi “necessari a garantire un’efficace dialettica interna”.

Nella relazione emerge la figura di un uomo che comandava per tutti. Nel documento si legge: “I consiglieri anche quando hanno espresso posizioni critiche non hanno tradotto il proprio dissenso in coerenti manifestazioni di voto”. Critiche anche al collegio sindacale che “non ha intercettato le criticità dell’assetto di governo e organizzativo. Non va meglio al direttore generale, Ennio La Monica. “Pur dotato di di un ampio ventaglio di poteri” ha svolto soltanto “un ruolo gestorio di carattere operativo”.

Nei rilievi c’è anche la scollatura tra il presidente Berneschi e gli azionisti di riferimento che avrebbe comportato “ritardi e incertezze nel percorso di riposizionamento strategico e nella realizzazione del piano di rafforzamento patrimoniale” chiesto da Bankitalia. Nella relazione si lamenta “l’elevata concentrazione” degli affidamenti ai singoli gruppi e su pochi settori (porti e costruzioni). Problemi anche sulla lotta al riciclaggio. In Banca ci sarebbe “una cultura aziendale poco sensibile alla materia”.

E mentre i soci aderenti al patto parasociale composto da imprenditori privati, cooperative e dalle fondazioni Cassa Risparmio di Savona, Cassa Risparmio Carrara, B.M. Lucca che ha in mano il 6% della banca hanno ricandidato per il cda di Carige ben tre consiglieri di amministrazione della passata gestione, pur auspicando “che venga ristabilito, nel prossimo cda, un clima di rinnovata e serena collaborazione e di convinta coesione per affrontare i futuri difficili appuntamenti”,  le associazioni dei consumatori Adusbef e Federconsumatori, “meravigliate dal deterioramento dei conti di Banca Carige” si aspettano “che Bankitalia adotti la stessa misura di Banca delle Marche, con un commissariamento trimestrale per evitare che ci possano essere sorprese nei conti dell’istituto di credito ed eventuali ricadute negative su azionisti e depositanti”.

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