Alberto Lucarelli è presidente dei comitati Viva la Costituzione e professore ordinario di Diritto costituzionale alla Federico II di Napoli. Insieme ad Antonio Ingroia è stato fra i primi firmatari dell’appello a tutela della Costituzione. Nessuno meglio di lui può raccontarci come è nata l’iniziativa.

Professore, perché quest’appello?
Si tratta di una mobilitazione che parte dal basso, in continuità con il movimento iniziato nel 2009 e 2010, poi sposato con i referendum del 2011. Questo perché la Costituzione è giustamente considerata come un “bene comune”. Perciò tutti, al di là dei tecnicismi, capiscono che modificando questo articolo si sta per modificare il grande patto costituente che, a partire dal 1948, regge la convivenza civile e sociale fra i cittadini.

Eppure c’è chi dice che questo processo di revisione tocca solo la seconda parte della Carta.
Ma non è vero: formalmente tocca solo la seconda parte. Ma il progetto è quello di incidere sulla prima parte, penso per esempio ai diritti dei lavoratori.

Crede che questo aspetto sia chiaro nell’opinione pubblica?
Penso proprio di sì. E lo si capisce dallo straordinario risultato ottenuto: le firme raggiunte sono moltissime. E quelli che hanno firmato non sono certo tutti costituzionalisti. Questo appello non ha forza conservatrice, esprime piuttosto la volontà di voler attuare la Costituzione prima di pensare di riformarla. Se ci fosse onestà intellettuale bisognerebbe dire che la vera e sola riforma da fare è proprio questa: attuare, dare effettività, a tutti quei principi costituzionali che al momento sono disattesi o addirittura sostanzialmente disapplicati.

E quali sono?
Abbiamo una serie di norme ordinarie che circolano nel nostro paese e sostanzialmente disattendono i principi costituzionali. Penso in particolare ai principi fondamentali come, per esempio, i rapporti economico-sociali. Il senso forte della petizione promossa dal Fatto è proprio questo: l’idea di un esercizio di democrazia partecipativa.

Che ha sempre più forza…
Da alcuni anni si ha l’impressione che non si vuole e non si deve più delegare, soprattutto a un gruppo di persone che sono “nominate da nominati”. Che questi possano andare a colpire la norma di garanzia dei processi di revisione della Costituzione lascia decisamente perplessi. Non si può lasciare tutto alla democrazia della rappresentanza: i cittadini attivi non vogliono più delegare ma vogliono riappropriarsi dei grandi temi.

Chi firma e aderisce all’appello identifica la difesa dell’ar ticolo 138 alla difesa della Costituzione in toto.
E fa bene perché è proprio così. La nostra Costituzione si dice “rigida” e la sua rigidità è data proprio dal 138, cioè dal procedimento di revisione particolarmente articolato. Ora, certo che si può cambiare la Costituzione, ma non si può cambiare la rigidità: non si può rendere più facile il processo di revisione della Carta. È il nodo fondamentale. Per questo dietro al ddl si cela un progetto politico.

Alessandro Pizzorusso ha detto al Fatto che l’articolo 138 è secondo lui uno dei principi immodificabili della Costituzione.
Sono totalmente d’accordo. Anche perché i sostenitori di questo disegno di legge ci dicono che è una deroga al 138. Ma così non è. Non possiamo considerarlo una deroga per un semplice motivo: l’approvazione delle leggi costituzionali che poi ci saranno per via di questo procedimento derogatorio producono effetti permanenti sul sistema costituzionale. Non è una deroga: va detto e ribadito. Anche se si ammettesse che il nostro ordinamento possa prevedere leggi costituzionali di deroga, questo ddl non potrebbe essere qualificato come norma in deroga in quanto determina mutamenti definitivi.

E Napolitano, che ha sempre fatto della difesa della Costituzione un proprio vessillo? 
Il mio auspicio è che intervenga al più presto. Questo procedimento di revisione lo stanno portando avanti a porte chiuse, i cittadini vi sono esclusi. Spero che uno degli effetti di questa spinta dal basso sia quella di indurre il Capo dello Stato a intervenire.

Da Il Fatto Quotidiano del 13 agosto 2013

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