In Italia anche quando si parla di memoria, il problema sono sempre le scarse finanze. ”Mantenere i luoghi dell’eccidio nazifascista a Monte Sole non è facile perché vi facciamo fronte solo con risorse limitate che ci passa la Regione. Lo Stato, a parte i 25mila euro annuali per il sacrario, non ha mai messo soldi nonostante spesso gli chiediamo. Adesso ci sarebbe da restaurare la chiesa e il cimitero di Casaglia e abbiamo richiesto dei fondi alla Farnesina: vedremo”. Il sindaco di Marzabotto Romano Franchi in questi giorni, vigilia del 68° della Liberazione è indaffaratissimo perché il piccolo paesino dell’appennino bolognese il 25 aprile è una delle mete simbolo.

”Quest’anno arriveranno tra gli altri Susanna Camusso, Cecilia Strada e il presidente del Senato Pietro Grasso”. Nonostante l’assenza finanziaria dello Stato, Marza-botto negli ultimi anni ha visto crescere il numero delle visite nei suoi luoghi della memoria: il sacrario, Casaglia e tutto il Parco storico di Montesole. ”Solo questa settimana abbiamo ricevuto quasi 500 ragazzi. Per noi è un obbligo innanzitutto morale portarli qua. Ormai i superstiti sono rimasti in pochi e sta a noi trasferire questo patrimonio di memoria”. Il rischio tuttavia è quello di un turismo ‘di massa’ della memoria: ”Il problema è come queste persone vengono portate quassù”, spiega Marzia Gigli della Scuola di pace di Monte Sole, una struttura nata nel 2002 per studiare e promuovere iniziative di educazione alla pace, al rispetto dei diritti umani, e che tutto l’anno ospita persone da ogni parte del mondo.

”A Montesole una mano ignota ha scritto su un cartello lungo il tragitto del parco: Non fate le fotografie a Montesole non è Gardaland. Spesso infatti si va nel cimitero di Casaglia e si trovano decine di ragazzi portati lì senza un discorso, senza una mediazione. Bisogna fare più attenzione”. Due i fattori che hanno portato a un aumento delle presenze: il bel film di Giorgio Diritti sull’eccidio, L’uomo che verrà, ”e una certa moda della memoria in voga ormai da 20 anni”, spiega Marzia Gigli. La vicenda storica di Marzabotto ha incrociato tragicamente quella della occupazione tedesca in Italia. Fin dall’agosto 1944, dopo la liberazione di Firenze, Alleati e nazifascisti si fronteggiavano sulla linea gotica. Monte Sole era proprio lì dove i nazisti volevano porre un valico impenetrabile verso Bologna e dove si era costituita per contro una brigata partigiana, la ”Stella Rossa”.

Proprio per annientare questo gruppo tra la metà e la fine di settembre 1944, il comando della 16° Divisione Corazzata Granatieri delle SS decise un’operazione militare per ”l’annientamento dei gruppi partigiani e il rastrellamento del territorio nemico”. Al comando del maggiore Walter Reder, tutta l’area venne circondata e rastrellata da mille soldati, tra cui elementi italiani appartenenti alla Guardia nazionale repubblicana. ”Appena i tedeschi arrivarono ci radunarono nell’oratorio e ci avvisarono che in cinque minuti saremmo stati tutti kaputt. Piazzarono la mitragliatrice all’ingresso, poi li vidi fuori dall’edificio che rompevano qualcosa e lo buttavano dentro. Erano bombe”, raccontò al Fatto quotidiano Fernando Piretti che allora aveva 9 anni e abitava a Cerpiano, uno dei tanti omicidi di massa che in cinque giorni misero a ferro e fuoco Marzabotto. I morti furono 770: di cui 216 bambini, 142 vecchi e 316 donne.

di e.l. da Il Fatto Quotidiano del 22 aprile 2013

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