Renzi spariglia il tavolo. Da una parte bolla come perdita di tempo la situazione politica e istituzionale totalmente bloccata. Dall’altra i parlamentari a lui vicini hanno depositato una proposta di legge per abrogare il rimborso elettorale ai partiti. Due circostanze che sembrano un modo per cercare di segnare la linea del partito o comunque per far intendere che l’aria deve cambiare.

Il sindaco di Firenze non cita i saggi nominati da Napolitano e l’impasse governativa. Ma il riferimento è abbastanza esplicito. E punta dritto alla linea “attendista” del suo partito e del segretario Pier Luigi Bersani: “Stiamo perdendo tempo” dice Renzi. Il sindaco di Firenze spiega che “mentre il mondo ci chiede di correre a velocità doppia la politica che non sa correre produce soluzioni che non riesce a concretizzare”. “La politica che non sa correre – prosegue il “Rottamatore” – produce soluzioni che non riesce a concretizzare”. Per il primo cittadino di Firenze questo è un problema anche per le imprese perché “il tempo è scaduto, tante imprese sono sull’orlo della fine”. Secondo Renzi serve “credibilità politica e risposte sui temi del lavoro o rischiamo di perdere la strada per tornare a casa: ormai bisogna prendere atto che la clessidra e agli sgoccioli”. “Io non so quale sia la soluzione per il futuro – conclude Renzi – ma servono credibilità politico-istituzionale e risposte sui temi del lavoro”.

Nel frattempo al Senato arriva la proposta di legge dei democratici che si ritrovano sulle posizioni di Renzi: “Il rimborso elettorale ai partiti va interamente abrogato – dicono – perché rappresenta una forma impropria di finanziamento pubblico alla politica. Il meccanismo disciplinato dalla legge attualmente in vigore, non fa alcun riferimento infatti alle spese sostenute dai partiti nelle competizioni elettorali ma eroga un finanziamento sulla base dei voti ricevuti”. A sostenere la proposta di legge Andrea Marcucci, Rosa Maria Di Giorgi, Stefano Collina, Nadia Ginetti, Roberto Cociancich, Laura Cantini, Mauro Del Barba, Isabella De Monte, Stefano Lepri e Mario Morgoni. “Bisogna ripartire dal referendum del 1993 che fu clamorosamente aggirato – spiegano i senatori – e abolire una legge giustamente invisa all’opinione pubblica, per poi studiare meccanismi alternativi che prevedano il contributo diretto dei cittadini, anche attraverso il credito di imposta. Il modello al quale ci ispiriamo stimola una larga partecipazione degli elettori, con l’obiettivo di incentivare micro versamenti volontari. In 40 anni di finanziamento dello Stato alla politica è venuto infatti meno l’obiettivo nobile che lo ispirava, ovvero la capacità di eliminare corruzione e malversazione, così purtroppo non è stato. Ci auguriamo che il nostro disegno di legge – concludono i senatori – trovi un ampio consenso trasversale in Parlamento e possa diventare segno tangibile di una politica che si rimette in discussione e si ispira a criteri di trasparenza e di sobrietà”.

Le parole di Renzi arrivano appunto dopo la nomina dei 10 “saggi” da parte del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (scelta sulla quale si sono addensate numerose critiche) e dopo che Pier Luigi Bersani ha ribadito la linea: no al governissimo, sì alla corresponsabilità (di fatto tentando di nuovo di coinvolgere il Movimento Cinque Stelle) e un rifiuto di un ritorno anticipato alle urne. A parte le dichiarazioni ufficiali del segretario del Pd la decisione del capo dello Stato di nominare i 10 “consulenti” da un certo punto di vista rende meno scomoda la posizione dei democratici che così prendono tempo. Dunque Renzi naviga con una rotta differente. Anche il centrodestra lancia appelli a Bersani: “O rimuove questa ostruzione – dice Daniele Capezzone, tra gli altri – e si rende disponibile a un dialogo nell’interesse dell’Italia, oppure le elezioni sono inevitabili”.

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