Se a Bruxelles si litiga per la rettifica di bilancio Ue 2012 (9 miliardi) figuriamoci per il periodo pluriennale 2014-2020 (1.033 miliardi). La proposta presentata dal Presidente del Consiglio europeo è scoppiata oggi come una bomba: quasi 80 miliardi di tagli, ben 30 in più di quelli proposti da Cipro che detiene la Presidenza di turno dell’Ue. Toccati tutti i capitoli di spesa, dai fondi di coesione a quelli strutturali, passando da quelli destinati alla ricerca. Risparmiati soltanto (ovvero tagliati meno) infrastrutture, energia e telecomunicazioni. Levata di scudi della Commissione: così si tagliano le gambe alla ripresa economica. Giudizio negativo anche dell’Italia che per bocca dell’ambasciatore presso la Ue Nelli Feroci parla di “passo indietro” nelle trattative.

Parliamo del bilancio pluriennale dell’Unione europea 2014-2020, ovvero la progettazione di tutti i capitoli di spesa che l’Ue sosterrà nei prossimi sette anni di programmazione. A dare l’ok finale devono essere le tre istituzioni dell’Ue su proposta iniziale della Commissione, un iter da sempre piuttosto tortuoso, ma mai difficile come quest’anno. Gli Stati membri (rappresentati dal Consiglio europeo) chiedono sostanziali tagli alla proposta originale della Commissione (1.033 miliardi) alla luce sia della lotta agli sprechi che dell’attuale situazione di crisi economica.

Ma più che una sforbiciata, la proposta del Presidente del Consiglio europeo, il belga Herman Van Rompuy, sembra un colpo d’accetta. Toccati tutti i capitoli di spesa, nell’ordine: meno 29,499 miliardi di euro per i fondi strutturali (compresi quelli per le regioni) e in generale per la politica di coesione (proposta originale 339 miliardi), meno 21,1 miliardi all’agricoltura (proposta originale 385,5 miliardi). Ridimensionati poi i finanziamenti alle regioni svantaggiate (156 miliardi), a quelle di transizione (29,1 miliardi) e a quelle più sviluppate (47,5 miliardi). Toccato anche il portafoglio del Commissario Ue all’Industria Antonio Tajani, che si vede proporre 6,6 miliardi per Galileo (contro i 7 chiesti), 4,9 miliardi per Gmes (contro 5,8) e 2,7 miliardi per Iter (contro i 2,8).

Minori i tagli chiesti da Van Rompuy al capitolo infrastrutture, energia e telecomunicazioni, la cosiddetta “Connecting Europe Facility” nel quale rientra anche la Tav. Qui la proposta prevede di ridurre gli investimenti solo di 3,8 miliardi complessivi (da 50 a 46,2) mentre la presidenza cipriota aveva proposto un taglio di 13,6 miliardi di euro. “Miracolati” anche i cosiddetti rebate, ovvero i “risarcimenti” che alcuni Stati (come Gran Bretagna, Germania, Paesi Bassi e Svezia) ricevono ogni anno in base a delle stime che ne calcolano un minor utilizzo di alcuni fondi europei. Nel caso della Gran Bretagna, ad esempio, Londra s’è portata a casa nel 2011 ben 3,6 miliardi di euro di fondi per lo sviluppo agricolo non utilizzati. Nel caso della Germania parliamo di 2,8 miliardi, dei Paesi Bassi di 1,15 miliardi e della Svezia di 0,325 miliardi.

Parlando a nome dei governi nazionali (essendo appunto il presidente del Consiglio europeo), Van Rompuy ha “invitato” a non toccare il rebate britannico (conquistato grazie alla campagna nazionalista “Give My Money Back” lanciata da Margaret Thatcher negli anni Ottanta). Proprio la Gran Bretagna è tra i Paesi più intransigenti nel tagliare il bilancio europeo, con una richiesta originale di 200 miliardi di euro in meno (la Germania ha chiesto un taglio di 130 miliardi). Van Rompuy è invece pronto a mettere mano alle spese di amministrazione delle istituzioni Ue stesse, compresi gli stipendi dei dipendenti Ue. In base alla sua proposta “il personale di tutte le istituzioni Ue, gli organismi e le agenzie europee contribuiranno agli impegni di budget, versando nella casse dell’Unione europea almeno 6 miliardi di euro attraverso tasse, fondi di solidarietà e contributi pensionistici”.

E adesso cosa succede? Scontato lo scontro tra istituzioni europee, visto che già da settimane ci si trova ai ferri corti. Sì perché i vari passaggi istituzionali dell’approvazione dei bilanci europei sono accompagnati da negoziazioni tenute a livello informale, i veri tavoli dove si prendono le decisioni. Ma circa 80 miliardi di differenza tra quello che la Commissione chiede e quello che gli Stati membri (il Consiglio) sono disposti a dare (visto che l’Ue non dispone di risorse proprie), non fanno ben sperare. Oggi Pia Ahrenkilde-Hansen, la portavoce ufficiale della Commissione, ha detto che “le somme proposte nel progetto iniziale sono necessarie per finanziare le politiche comunitarie che servono a promuovere crescita e occupazione nell’Ue”. Ieri i 27 ministri dell’economia non sono riusciti a trovare un accordo sui nemmeno sui 9 miliardi chiesti da Bruxelles per pagare le fatture del 2012. Al Consiglio europeo convocato espressamente per parlare del periodo pluriennale 2014-2020 se ne vedranno delle belle.

Twitter: @AlessioPisano

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