Ricordiamo chi c’era, in quei giorni a Genova. Quali mani hanno ucciso, quali hanno colpito, quali hanno firmato verbali. Ricordiamo le responsabilità penali, certo. Ma anche tutte le altre. Dove le mettiamo quelle umane, etiche, politiche? Che ci siano anche quelle, a quanto pare, non è così ovvio. “Scusa” la deve chiedere pure chi non c’era a Genova, pure chi non ha aggredito i manifestanti. Non mi basta sapere che Gianfranco Fini ha riletto i fatti di allora connotando quanto accaduto come “un’ombra per la democrazia”. Ombra? Black out, caro presidente. Dopo undici anni, arrivare a dire ombra, è poco. 

Allora continuiamo a ricordare, senza ombre e dicendolo chiaramente: decine di persone devono chiedere scusa, altrettante avrebbero dovuto dimettersi. Altre ancora sono in tempo per farlo, come l’allora capo della polizia Gianni De Gennaro. Riprendiamo le sue parole. Il sottosegretario disse che il blitz della scuola Diaz “era una normale perquisizione trasformata in operazione di ordine pubblico dal comportamento violento degli occupanti” (Repubblica, 25/7/2001). De Gennaro, al Tg5 diretto da Mentana (l’unica testata giornalistica italiana a cui rilasciò un’intervista) concluse che la gestione della manifestazione “servirà da esempio ai futuri vertici” e che la colpa era stata “di un migliaio di violenti, dai Black Bloc agli anarchici insurrezionalisti, a coloro che hanno cercato lo scontro con le forze di polizia”. Allora De Gennaro non vedeva le ombre di cui si è accorto oggi Fini. Tanto meno le vedeva chi lo promuoveva e lo difendeva. Nemmeno anni dopo ha notato qualche foschia dato che, appena appreso delle condanne ai poliziotti per i fatti di Genova, ha espresso “un sentimento di affetto e di umana solidarietà per quei funzionari di cui personalmente conosco il valore” (8/7/2012). Pure per Fini, nei giorni del G8 era tutto chiaro: in parlamento difendeva il ministro Scajola che “rimarrà in carica perché le forze dell’ordine sono state vittime di un vero linciaggio” (20/7/2001). Perché, per l’ex vicepremier, nessun uomo in divisa perse la testa. “No, non è vero – affermò riferendosi alle forze di polizia – Ho parlato con molti di loro. Non c’è isteria, tutti hanno fatto quello che possono per evitare che si verifichino incidenti gravi” (Repubblica, 22/7/2001).

Andiamo avanti. Altri nomi, altre scuse. L’allora responsabile del settore giustizia di An, il senatore Ettore Bucciero, rivendicò la sua previsione sul G8, secondo la quale “si stava fabbricando ad arte una vittima sacrificale, un morto che avrebbe potuto fungere da martire di un movimento povero di idee e carico di follia distruttiva” (22/7/2001). In questura a Genova, dopo la mattanza alla Diaz, il vicecapo della polizia Ansoino Andreassi e responsabile della sicurezza del G8 disse che erano stati “costretti a intervenire” e che era stata “usata la forza contro la violenza” (23/7/2001). Altre parole che fa bene ricordare: quelle dell’ex presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti, per il quale gli eventi di piazza del G8 vennero causati “dall’ ipocrisia e dall’ambiguità del Gsf” (Consiglio regionale, 24/7/2001). E quelle del sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, sulla sentenza di condanna della Corte d’appello di Genova per la polizia sui pestaggi alla Diaz: “Questi uomini hanno e continuano ad avere la piena fiducia del sistema sicurezza e del ministero dell’Interno”  e sono “ragionevolmente convinto che la Cassazione (…) scioglierà ogni ombra su fior di professionisti della sicurezza che oggi si trovano in questa situazione” (19/05/2010).  E ancora. Il presidente del Copasir, il Comitato parlamentare di controllo sull’intelligence, Massimo D’Alema, alla notizia della nomina a sottosegretario dell’ex capo della polizia, da parte di Monti, si è detto “certo che il prefetto De Gennaro, nel nuovo incarico istituzionale, potrà efficacemente portare avanti il suo impegno nell’attuazione della riforma delineata dalla legge 124” (11/5/2012). Scurdammoce ‘o passato e tante congratulazioni.

Noi ricordiamo invece chi c’era, e da che parte stava. Ricordiamo a costo di essere ripetitivi quanto timore i partiti hanno avuto ad esporsi in quei giorni (eccetto Rifondazione, gliene va dato atto) con il dietrofront dei Ds ad andare a Genova dopo la morte di Carlo Giuliani. Oggi c’è lo stesso silenzio, le stesse dichiarazioni misurate, ponderate, ipocrite. Salvo qualche rarissima eccezione – ultimi i deputati Andrea Sarubbi  e Furio Colombo – sulla nomina a sottosegretario di De Gennaro la politica ha taciuto. Alcuni iniziano adesso ad accorgersi che forse è il caso che l’ex capo della polizia non resti al suo posto. E quando arriveranno alla conclusione che non sarebbe dovuto neanche arrivarci, a fare il sottosegretario? Se tutto va bene, tra altri dodici anni possiamo sperare che qualcuno non tema di dire che De Gennaro, per il ruolo che ricopriva, doveva chiedere scusa.

Ps. Goffredo D’Antona, avvocato penalista catanese e portavoce dell’osservatorio cittadino dei diritti, ha lanciato online a luglio una petizione per chiedere le dimissioni di Gianni De Gennaro. E’ ancora aperta, è più che mai importante.

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