La piccola Mahi non ce l’ha fatta. La bimba india di quattro anni intrappolata in un pozzo da quasi 86 ore era già morta quando i soccorritori sono finalmente riusciti a tirarla fuori.

Mahi era caduta nella voragine profonda 25 metri mercoledì scorso, il giorno del suo compleanno. Stava giocando con altri bambini a Manesar, 40 chilometri a sud di Nuova Delhi. Per quattro giorni hanno cercato di estrarla, tutta l’India con il fiato sospeso. Così come era rimasta con il fiato sospeso l’Italia, quando nel 1981 milioni di telespettatori rimasero per ore davanti agli schermi per seguire i tentativi di salvare Alfredino Rampi, il bambino di sei anni caduto in un pozzo di 60 metri a Vermicino, vicino a Roma. Anche per Alfredino non ci fu nulla da fare, i soccorritori lo portarono in superficie dopo tre giorni, troppo tardi.

Secondo i medici è probabile che Mahi fosse deceduta già nelle prime ore dopo la caduta. Distrutti i genitori, Sonia e Neeray, che fino all’ultimo avevano sperato in un miracolo, anche se dopo il pianto iniziale dalla piccola non erano più arrivati segnali di vita. L’operazione di soccorso hanno coinvolto vigili del fuoco, militari, medici, ingegneri ed esperti mentre le tv ‘all news’ dedicavano al caso continui collegamenti.

Dopo varie esitazioni, si è deciso di procedere scavando un pozzo verticale parallelo e di due metri più profondo rispetto a quello esistente. Intanto si pompava ossigeno nel pozzo principale per garantirne l’aerazione. Il salvataggio è stato ritardato dalla presenza di una roccia molto dura proprio nel punto in cui si doveva scavare il tunnel orizzontale per arrivare alla bimba.

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